I dati del registro delle Imprese delle Camere di Commercio riferiti al periodo 2018-2022, elaborati da Unioncamere, rilevano che negli ultimi 5 anni, l’imprenditoria straniera ha fatto segnare una crescita cumulata del 7,6% a fronte di un calo delle Imprese di nostri connazionali del 2,3%.

Alla fine del 2022 le imprese con una prevalenza di soci e/o amministratori nati al di fuori dei confini nazionali sfioravano le 650mila unità, poco più del 10% dell’intera base imprenditoriale del Paese (appena sopra i 6 milioni di unità). Si tratta di una presenza stabile che si accompagna a un dinamismo anagrafico sconosciuto alle imprese avviate da persone nate in Italia.  

Imprese chiuse: aumentano quelle gestite da stranieri, ma il saldo resta negativo

In termini assoluti, queste dinamiche non riescono a compensare la scomparsa di attività italiane: dal 2018 a oggi, le imprese di stranieri sono aumentate di 45.617 unità mentre le non straniere sono diminuite di 126.013 unità. IL totale complessivo della base imprenditoriale del Paese si è ridotto di 80.396 imprese.

Differenze tra ‘i due universi’

Tra i due universi (imprese di stranieri e imprese di italiani), rileva Unioncamere, restano ancora profonde differenze strutturali. Tra le prime, la forma largamente prevalente resta ancora quella dell’impresa individuale (74,1%) laddove per le attività degli italiani questa quota da alcuni anni e’ ormai scesa stabilmente sotto la soglia del 50%. Al netto dello stop imposto dalla pandemia, l’andamento dell’ultimo quinquennio fotografa un effetto di sostituzione molto forte tra nuova imprenditoria portata avanti da migranti e la presenza italiana in questa, che è la forma più semplice d’impresa.

La seconda modalità organizzativa preferita dalle imprese è quella della società di capitali. Sebbene la loro presenza sia decisamente più numerosa tra le iniziative di italiani (dove superano la quota del 32%) che tra quelle di stranieri (dove si ferma al 18,4%), nel caso di queste ultime i cinque anni alle nostre spalle segnalano una vitalità pià che marcata di questa forma d’impresa tra quelle di origine straniera (+39,1% contro +6,3% delle attivita’ degli italiani nel periodo considerato).

I comparti produttivi interessati

Il confronto settoriale mette in evidenza differenze – anche notevoli – tra quello che accade a livello dei singoli comparti produttivi. In alcuni casi, l’espansione della base imprenditoriale di origini straniere contrasta una tendenza opposta delle imprese di italiani, riuscendo non solo a compensare le perdite di quest’ultima ma – in taluni casi – anche a far crescere l’intero segmento: come avviene nelle costruzioni (dove le imprese di italiani perdono quasi 12mila unità e le straniere aumentano di oltre 19mila) o nelle altre attività di servizi (in cui le imprese di italiani si riducono di 1.411 unità mentre le straniere crescono di quasi 6.800).

Fonte Agi

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