“Una mossa strategica, un trucco elettorale o semplicemente una presa in giro per gli elettori? La possibile candidatura di Giorgia Meloni alle prossime elezioni europee di giugno sta facendo discutere dentro e fuori Fratelli d’Italia. Durante la conferenza stampa di fine anno, la premier non escluse una sua discesa in campo per il rinnovo del Parlamento europeo, nonostante l’incompatibilità con il ruolo di presidente del Consiglio e l’obbligo di dimettersi in caso di elezione.

Ieri Meloni ha confermato la candidatura

Peccato che la democrazia preveda anche chiarezza e trasparenza nei rapporti con i cittadini. Difficile credere che tutti siano a conoscenza delle regole di Bruxelles e che votino consapevoli del “giochetto”. La sensazione è che la premier voglia sfruttare il proprio consenso personale per trainare il partito in una competizione, quella europea, che si giocherà su tutt’altre basi rispetto alle elezioni nazionali.

Per carità, il trucchetto è lecito e non nuovo. Lo stesso Matteo Salvini potrebbe replicarlo dopo averlo già utilizzato cinque anni fa. Ma se è vero che in democrazia tutti i voti si rispettano, forse sarebbe meglio cercarli con trasparenza, non candidandosi per un ruolo che già si sa non si potrà ricoprire. Agli elettori, in fondo, basterebbe dire la verità: date il vostro voto a FdI per rafforzare il governo in Europa. Senza prese in giro inutili”.

C’è poi un altro aspetto politico da considerare. La mossa di Meloni, più che una strategia per vincere le europee, sembra soprattutto un assist ai possibili rivali interni nel centrodestra. La premier punta a compattare il consenso intorno a Fratelli d’Italia in un voto dove, a differenza delle politiche, ogni partito gareggia da solo.

Mettendoci la faccia in prima persona, vuole evitare che troppi voti degli alleati di governo finiscano altrove, indebolendo la coalizione.

D’altronde, il centrodestra si presenta alle europee senza un programma comune e probabilmente senza alleanze tecniche. Difficile quindi parlare di voto utile per l’esecutivo. Sembra più una resa dei conti interna per stabilire nuovi rapporti di forza, dopo le politiche. Un regolamento di conti di cui forse gli elettori potrebbero fare a meno, preferendo scelte chiare sui temi europei anziché giochi di palazzo. La sensazione è che, tra candidature fantasma e prove di leadership, la politica abbia perso di vista le reali priorità del voto di giugno

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