Un abito e un colore possono decretare un passaggio fra due vite, e il (sopr)abito viola di lady Diana indossato a Sandringham alla messa di Natale del 1990 sembra aver avuto proprio quel ruolo. Che la principessa del Galles lanciasse messaggi alla sua famiglia e al mondo passando per il guardaroba ormai è chiaro a tutti, a riguardo sono stati scritti persino dei saggi. Nel 1990 i figli di Diana avevano più o meno l’età che si vede nel film Spencer e questo vestito viola potrebbe aver rappresentato proprio quella piccola ribellione che si racconta nella pellicola, ossia la decisione di invertire le mise di due giorni diversi durante le festività, anche se l’outfit mostrato è molto diverso.

L’evoluzione della principessa Diana, da timida teenager che va a nozze con l’erede al trono del Regno Unito a sofisticata icona internazionale si è consumata in un arco di tempo brevissimo, appena sedici anni. Esaminare le tappe di questo percorso è interessante quanto leggere un romanzo di formazione. Prima delle nozze, Diana aveva un guardaroba molto modesto, non perché non potesse permetterselo, ma solo perché non gli dava molta importanza. La sua influenza sulla moda e sui sogni delle giovani degli anni 80 e 90 è iniziata con il suo abito da sposa disegnato dagli stilisti Elizabeth e David Emanuel, che ha stabilito lo stile “meringa” per i matrimoni negli anni ’80. Poi la giovanissima principessa del Galles ha lasciato che a vestirla fossero i guardarobieri reali con abiti a volte non del tutto adatti a una ragazza. E così nei primi anni l’abbiamo vista vestita con i capi conservative di Arabella Pollen e gli sgargianti abiti da sera di Bruce Oldfield. Poi la principessa è cresciuta e ha scoperto il suo stile personale e ha iniziato a scegliersi da sola gli abiti e gli stilisti, oltre a cambiare frequentemente taglio di capelli. Quell’anno, con il principe Carlo, aveva docilmente svolto tutti i suoi impegni da membro senior della royal family, a marzo erano in tour in Nigeria e Camerun, a maggio in Ungheria, e a novembre erano in Giappone per assistere all’intronizzazione dell’imperatore Akihito.

Così, nel Natale del 1990, è spuntata fuori dall’auto che la portava con tutta la famiglia a messa alla St Mary Magdalene Church di Sandringham indossando questo strepitoso abito in lana pervinca con i risvolti e i quattro grandi bottoni di stoffa a righe oblique, avvitato, lungo fino al ginocchio, abbastanza pesante da consentirle di rinunciare al cappotto. La principessa aveva abbinato al suo bel vestito la baguette e i guanti neri, la cloche a falda larga con le piume che ricordava un po’ il cappello dei bersaglieri e che il vento, che si era alzato dopo la funzione, cercava di strapparle via dalla testa facendo ridere lei e la cognata Sarah Ferguson. Portava le calze nere velate che le affusolavano ancora di più le lunghissime gambe e che terminavano nelle décolletées di pelle col tacco cone, un paio di orecchini di perla semplicissimi e niente più. Era un’immagine straordinaria, insolita per lei, ma entrata a pieno diritto nella lista degli abiti più belli della principessa Diana.

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