Terza puntata per i Twitter files, l’inchiesta firmata New York Times che ha svelato l’esistenza di un team in Twitter che in modo tutt’altro che trasparente si è occupato di bannare o inserire in black list utenti o trend ‘scomodi’. Le ultime rivelazioni puntualmente postate sul social network e condivise dallo stesso Elon Musk riguardano la rimozione dell’account di Donald Trump.

Il giornalista Matt Taibbi scrive che i documenti in possesso del giornale dimostrano “l’erosione degli standard all’interno dell’azienda nei mesi precedenti al J6 (il 6 gennaio 2021, il giorno dell’assalto a Capitol Hill, ndr), le decisioni di dirigenti di alto livello di violare le proprie politiche e altro ancora, sullo sfondo di un’interazione continua e documentata con le agenzie federali”.

In particolare le chat mostrano che a portare alla rimozione dell’account dell’ex presidente degli Stati Uniti è stato quello che alcuni vertici di Twitter hanno definito il “contesto complessivo“, ovvero le “narrazioni” di Trump e dei suoi sostenitori “nel corso delle elezioni e negli ultimi quattro anni”. In una delle chat interne documentate nell’inchiesta, i dirigenti di Twitter si dicono entusiasti dell’intensificazione dei rapporti con le agenzie federali. Mentre ad inizio ottobre 2020, una chat interna porta in discussione alcune rimozioni di account di “alto profilo” legati alle elezioni. Rimozioni che riguardano i cosiddetti VITs, cioè i “very important tweeters”.

Un’altra chat interna mostra infine che, in merito allo scandalo legato ad Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente degli Stati Uniti d’America, alcuni vertici di Twitter non solo incontravano settimanalmente l’Fbi ma anche il Dhs, la direzione nazionale dell’intelligence. E soprattutto che l’Fbi aveva indicato tweet da considerare falsi o non attendibili, per esempio quelli riguardanti i dubbi sul conteggio dei voti che portarono poi alla rivolta di Capitol Hill. Ma la vicenda è tutt’atro che conclusa e già per domani si annunciano nuove rivelazioni. 

Fonte Agi

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