È oltre il 99% la probabilità che il 2023 si classifichi come l’anno più caldo mai registrato sulla Terra, dopo che la temperatura sulla superficie e quella degli oceani è risultata addirittura superiore di 1,15 gradi rispetto alla media del XX secolo, nei primi undici mesi dell’anno.

È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base delle previsioni della banca dati Noaa, il National Climatic Data Centre che registra le temperature mondiali dal 1850. Una tendenza al surriscaldamento confermata anche in Italia, dove nello stesso periodo la temperatura è stata di 1,05 gradi superiore la media storica secondo Isac Cnr, ma con anomalie che – sottolinea la Coldiretti – hanno raggiunto i 10 gradi a fine dicembre in certe aree del Paese.

L’impatto del caldo anomalo sull’agricoltura

Il caldo anomalo di inizio inverno sconvolge la natura e rischia addirittura di far ripartire le fioriture con il pericolo di esporre le coltivazioni ai danni di un prevedibile forte abbassamento delle temperature e la perdita dei raccolti. A preoccupare è anche il rischio siccità soprattutto sull’Italia centro-meridionale, dove stanno emergendo i primi sintomi di stress idrico che, accompagnati alla scarsità di neve in diversi settori dell’arco alpino e su gran parte della dorsale appenninica, fanno scattare un campanello d’allarme. Senza dimenticare che se non arriva il freddo le popolazioni di insetti che causano danni alle colture potrebbero sopravvivere e svernare per attaccare i raccolti nella prossima primavera.

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La classifica degli anni più caldi

È dunque destinata a cambiare la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli che si concentra in Italia nell’ultimo decennio e comprende fino ad ora nell’ordine secondo l’analisi della Coldiretti il 2022, il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. L’anomalia climatica del 2023 è stata accompagnata fino ad ora da una media di oltre 9 eventi estremi al giorno per il maltempo lungo la Penisola, tra grandinate, trombe d’aria, bombe d’acqua, ondate di calore e tempeste di vento che hanno provocato vittime e danni secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati dell’European Severe Weather Database (Eswd).

I danni sulla coltivazione dei prodotti alimentari italiani

Il risultato è il crollo dei raccolti nazionali che mette a rischio gli alimenti base della dieta mediterranea con riduzioni che vanno dal 20% per il vino al 30% per le pesche e nettarine ma anche la produzione dell’olio extravergine nazionale è stimata in circa 290mila tonnellate, ben al di sotto della media dell’ultimo quadriennio. Un’annata nera per l’agricoltura italiana con danni che, tra coltivazioni e infrastrutture, superano i 6 miliardi a causa dei cambiamenti climatici. “Siamo di fronte a una evidente tendenza alla tropicalizzazione con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal caldo al maltempo con effetti devastanti come dimostrano le alluvioni in Romagna e in Toscana.

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L’agricoltura italiana è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”. Un obiettivo che, conclude Prandini, “richiede un impegno delle istituzioni per accompagnare innovazione dall’agricoltura 4.0 con droni, robot e satelliti fino alla nuova genetica green no ogm”. 

Fonte Agi

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