Il caro vita colpisce anche il settore delle comunicazioni, finora al riparo dalle conseguenze dell’inflazione. Alcuni operatori hanno annunciato di volere rimodulare le tariffe, sia per rete fissa che mobile, a seconda delle variazioni dell’indice Istat, senza che questo preveda la possibilità per le compagnie di recedere dal contratto gratuitamente. I sindacati: “Pratiche scorrette e informazioni fuorvianti, l’AgCom vigili”.

Non solo luce e del gas, anche la bolletta del telefono aumenterà. La telefonia era stata tra i pochi settori a superare indenne il caro prezzi, ma anche il ramo delle telecomunicazioni si appresta a pagare dazio all’inflazione. Le spese per i consumatori sono destinate a salire: i primi operatori a varare il nuovo corso sono stati Tim e WindTre, che hanno comunicato l’adeguamento dei piani tariffari in relazione alle valutazioni dell’Istat.

Come cambia la bolletta del telefono

La data segnata in rosso è il 2024, quando i nuovi contratti diventeranno operativi: un riassetto dovuto alla necessità di compensare i costi di produzione a causa delle “mutate condizioni strutturali di mercato”, fanno sapere le aziende. Tuttavia i rincari potrebbero riguardare anche gli attuali clienti, qualora gli operatori optassero per la modifica unilaterale del contratto: in questo caso potrebbe essere anche negata l’opzione del recesso gratuito, dal momento che questo non si applica agli adeguamenti automatici, che non costituiscono una modifica contrattuale ai sensi del Codice delle comunicazioni. Si tratta di meccanismi esistenti in diversi Paesi, come il Regno Unito e l’Austria, avallati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea.

Ciò a cui mirano Tim e WindTre (altri operatori come Vodafone hanno fatto sapere di stare ancora valutando la situazione, mentre altri come Iliad hanno escluso l’ipotesi) è in altre parole di “agganciare” le tariffe all’inflazione, prevedendo un’automazione dell’aumento dei prezzi in base all’andamento dell’economia nazionale: si tratterebbe di un aumento già previsto dagli accordi firmati con il cliente, a cui verrebbe dunque negata la possibilità  di chiudere il contratto senza oneri, a differenza di quanto accade con le normali proposte unilaterali di modifica, di cui deve essere data informazione con un preavviso di almeno 30 giorni. Già a luglio WindTre aveva richiesto all’AgCom di potere intervenire sui piani tariffari: la palla passa ora al Garante per le comunicazioni, che dovrà decidere se i rincari automatici siano o meno legittimi.

Tariffe, cosa cambia

Tim ha fatto sapere sul suo sito che le nuove offerte di rete fissa e mobile potranno prevedere l’adeguamento su base annua dei prezzi all’andamento dell’inflazione, incrementato di un coefficiente di maggioranza predeterminata, pari a 3,5 punti percentuali. L’azienda ha comunicato che l’aumento non potrà superare il valore del 10% dell’offerta stessa, e che i cambiamenti dei costi mensili inizieranno ad aprile 2024, tenendo in considerazione l’indice di inflazione calcolato dall’Istat per il 2023. In altre parole, considerando un Ipca (indice dei prezzi al consumo, che quantifica l’inflazione) del 6,5% ci sarà un aumento del 10%. Per un’offerta da 10 euro si tradurrà in 1 euro, dunque l’offerta salirà a 11 euro al mese.

In caso di aumenti inferiori del 6,5%, questi saranno trasferiti alle tariffe con un’aggiunta del 3,5% (che è appunto il coefficiente di maggiorazione). Già dal 28 febbraio scorso alcuni clienti Tim avevano visto crescere la loro bolletta, con la prima rimodulazione del 2022: in quel caso però i rincari riguardavano solo i clienti che non usufruivano di un abbonamento ma di un piano a tariffa ricaricabile, coloro che ricaricano il credito telefonico ogni volta che questo si azzera, senza vincoli contrattuali di sorta.

WindTre da par suo si è riservata la possibilità di “aumentare entro il primo trimestre dell’anno il prezzo mensile del servizio di un importo percentuale pari alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo Foi rilevata da Istat ad ottobre 2023, o comunque pari almeno al 5% ove tale variazione fosse inferiore a detta percentuale”. Traduzione: per un’offerta di 10 euro, nella – improbabile – eventualità di un tasso di inflazione inferiore al 5%, andrebbe in ogni caso messo in preventivo un aumento di 50 centesimi, arrivando così a 10,50 euro. Con il Foi attuale, di 11,5 punti percentuali superiore rispetto al 2021, la tariffa aumenterebbe di 1,50 euro, arrivando così a 11,50 euro.

Le lamentele dei consumatori

Le bollette non sono l’unica voce destinata a salire: sindacati e associazioni dei consumatori rilevano che sono diversi i servizi che hanno iniziato a prevedere un onere economico superiore, dopo anni in cui le spese telefoniche sono scese con una curva sostanzialmente costante. Come il costo della fatturazione, che nel caso di Tim è salito dai 3 euro al mese agli attuali 3,90. Anche WindTre ha varato un aumento – da 2 a 5,9 euro – di alcune offerte di linea fissa, entrate in vigore dall’1 dicembre 2022. Sempre a dicembre, è aumentato di un euro il costo dell’invio della fattura in formato cartaceo, dal che bisognerà pagare 3 euro al mese per ricevere la bolletta fisica direttamente a casa. In una nota congiunta Adoc, Federconsumatori e U.Di.Con hanno chiesto un incontro con il Garante e il ministero  delle Imprese. “In un momento in cui si assiste all’aumento esponenziale dei prezzi della maggior parte dei prodotti, con conseguenti rinunce e modifiche dei consumi, persino nell’ambito dei generi di prima necessità, come quelli alimentari ed energetici, le compagnie telefoniche pensano bene di aggiungere un ulteriore elemento di criticità ai bilanci delle famiglie – dichiarano -. Abbiamo altresì rilevato che ad oggi le informazioni sugli aumenti tariffari presenti sui siti web delle aziende coinvolte sono fortemente fuorvianti e lacunose”.

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