Nel nostro Paese si è riaccesa la discussione sulle cosiddette ‘case green’. A innescare il dibattito è stato un aggiornamento della direttiva europea che ha l’obiettivo di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici in Europa. Secondo alcune stime dell’Associazione nazionale costruttori edili, in Italia dovrebbero essere ristrutturati almeno nove milioni di immobili. Ma la misura potrebbe cambiare sensibilmente prima dell’approvazione finale del testo.

La direttiva Ue sulle case green deve essere ancora discussa e approvata dal parlamento Ue, ma in Italia ha già provocato diverse polemiche. Una misura che la Svezia, presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, ha definito “una priorità”, rimarcando l’intenzione di approvarla entro i prossimi sei mesi.

In seguito a questo annuncio, alcuni esponenti del governo e della maggioranza hanno criticato la direttiva. Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ha depositato in parlamento una risoluzione “per scongiurare l’approvazione di una norma che danneggerebbe milioni di italiani”, facendo riferimento soprattutto ai costi legati agli interventi di ristrutturazione. Per fare chiarezza, vediamo cosa prevede la direttiva europea, quali sarebbero le tempistiche di attuazione e le eventuali conseguenze per il nostro Paese.

Che cos’è la direttiva europea sulle ‘case green’

Il testo proposto dalla Commissione europea è una direttiva, cioè un documento che vincola i singoli Paesi membri a raggiungere gli obiettivi prefissati, lasciandoli però liberi di scegliere come attuarli. Presentato nel dicembre 2021, il testo rientra nel Fit for 55, il piano della Commissione europea che ha l’obiettivo di ridurre entro il 2030 le emissioni inquinanti del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990.

La Energy performance of buildings directive (Epbd) contenuta nel piano vede l’efficientamento energetico degli edifici come una misura fondamentale per raggiungere gli obiettivi stabiliti dal Fit for 55. Secondo la Commissione, gli edifici sono responsabili di circa il 40 per cento del consumo totale di energia in Europa e di un terzo di tutte le emissioni di gas serra del settore energetico.

Cosa prevede la direttiva

La direttiva della Commissione europea ha due obiettivi principali: il primo è quello di rendere omogenei i sistemi di classificazione energetica degli edifici dei singoli Paesi membri, creando un sistema unificato che va da quelli più efficienti (indicati con A) a quelli più energivori (G). Il secondo, invece, prevede invece che tutti gli edifici residenziali e le unità immobiliari raggiungano almeno la classe E a partire dal primo gennaio 2030, con l’ulteriore impegno a raggiungere la classe D entro il primo gennaio 2033.

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A che punto è la direttiva

Gli obiettivi appena citati si trovano all’interno della proposta presentata dalla Commissione Ue il 15 dicembre 2021. Allo stesso tempo, però, anche il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il 25 ottobre scorso un suo testo di riferimento che è il frutto di trattative tra posizioni discordanti e che vede al ribasso alcuni obiettivi presenti nel testo della Commissione.

È dunque lecito aspettarsi che il testo possa subire modifiche anche importanti. I prossimi passaggi riguardano il Parlamento europeo: qui il 9 febbraio la commissione Itre (Industria, ricerca ed energia) dovrebbe votare un testo da sottoporre poi al voto del Parlamento in sessione plenaria, prevista a partire dal 13 febbraio. L’ultimo passaggio prevede infine un negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue per arrivare all’approvazione di un testo definitivo entro metà giugno.

Le implicazioni per l’Italia

Una volta approvato il testo definitivo, ogni Paese membro sarà tenuto a presentare dei piani nazionali di ristrutturazione del patrimonio edilizio residenziale e non residenziale per raggiungere gli obiettivi. Anche se non si sa ancora precisamente a che valore corrisponderanno le classi energetiche stabilite dalla direttiva Ue, l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) ha stimato che, su un totale di circa 12,5 milioni di edifici residenziali, almeno 9 milioni sono stati costruiti prima dell’introduzione della norme del 1976 sul contenimento dei consumi energetici. Tenendo conto degli immobili esentati, ad esempio quelli di interesse storico o le case indipendenti inferiori a 50 metri quadrati, questo significa che almeno 8 milioni di immobili dovrebbero essere ristrutturati entro il 2033, pari a due edifici su tre.

Se applicata così com’è, la direttiva europea comporterebbe costi insostenibili per l’Italia dove, secondo un rapporto dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), le abitazioni di classe E, F e G sono il 76 per cento del totale. Come riportato sul Sole 24 Ore, un’altra conseguenza negativa per il nostro Paese è che, con l’entrata in vigore della direttiva, una classe energetica bassa potrebbe portare a un deprezzamento dell’immobile. Per questi motivi, il governo ha intenzione di alleggerire alcuni aspetti della direttiva europea, che è comunque molto dibattuta anche all’interno dello stesso parlamento Ue, dove alcuni partiti hanno presentato più di 1.500 emendamenti alla proposta.

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