Viene usato sui social e nei cortei “No Green Pass” per sminuire gli effetti della pandemia, ma non ha nessuna base scientifica
Nelle manifestazioni “no Green Pass”, che si sono svolte nel fine settimana in varie città italiane, sono stati esposti numerosi cartelli con il numero 3783, diventato ultimamente uno degli argomenti più utilizzati da chi sostiene che la pandemia in Italia non sia stata così mortale. Il numero deriva da un editoriale poco informato pubblicato alcuni giorni fa sul Tempo, nel quale si sosteneva che solo 3.783 persone siano effettivamente morte a causa del coronavirus, un numero molto inferiore rispetto ai rapporti forniti dalle autorità sanitarie. Oltre a essere imprecisa, quella stima è falsa e deriva da un tema emerso all’inizio della pandemia sulla definizione dei decessi dovuti alla COVID-19.
Il numero 3.783 è stato derivato dal rapporto del 19 ottobre dell’Istituto superiore di sanità (ISS) sulle “caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 in Italia”, nel quale si dice che al 5 ottobre risultavano 130.468 decessi tra persone positive al coronavirus dall’inizio della pandemia. Come in tutte le altre decine di rapporti pubblicati sul tema ormai da mesi, l’ISS aveva segnalato il numero medio di malattie osservate (tramite le cartelle cliniche) in un campione di deceduti, arrivato a 7.910 individui. Tra questi, non risultavano affetti da patologie pregresse 230 pazienti, pari al 2,9 per cento del campione.
L’autore dell’editoriale ha preso il 2,9 per cento, ricavato a campione, e lo ha utilizzato per stabilire un numero di malati di COVID-19 senza malattie pregresse tra i 130.468 segnalati dall’ISS, ottenendo come risultato 3.783 decessi. (A ben vedere, il calcolo restituisce 3.783,57, quindi si dovrebbe approssimare in eccesso a 3.784.)
Il numero 3.783 segnalato nell’editoriale è stato rapidamente ripreso da altri osservatori, che in questi mesi hanno sostenuto varie teorie senza basi scientifiche per sminuire gli effetti della pandemia, e da numerosi gruppi “no Green Pass” sui social e infine nei cortei degli ultimi giorni per le città italiane. Secondo chi lo diffonde, sarebbe la dimostrazione che i “veri morti” a causa della COVID-19 siano poche migliaia e non gli oltre 130mila che “avevano già altre malattie” segnalati dalle autorità sanitarie.
È vero che la maggior parte dei deceduti aveva altre patologie al momento dell’infezione, ma questo non significa che siano state le malattie pregresse a determinarne la morte e non il coronavirus. Ed è sufficiente osservare i dati forniti dall’ISS per rendersene conto.
L’età media dei pazienti deceduti e positivi è 80 anni (mediana 82 anni), quindi molto alta e comprende inevitabilmente una quota cospicua di persone anziane più cagionevoli e che a causa dell’invecchiamento possono avere altre malattie. Per loro i rischi di contrarre il coronavirus sono più alti, perché gli effetti della malattia potrebbero aggiungersi a quelli degli altri loro problemi di salute, facendoli morire prima.L’elenco delle patologie pregresse aiuta a capirlo meglio. La maggior parte dei deceduti aveva problemi cardiaci, ipertensione, diabete e problemi neurologici, malattie tipiche tra chi ha più di 80 anni e che possono essere tenute sotto controllo solo in parte tramite i medicinali e abitudini di vita più sane. Un alto numero di questi individui dopo essersi ammalato di COVID-19 ha sviluppato complicazioni come insufficienza respiratoria acuta, danno renale o cardiaco acuto, tutte condizioni che non si sarebbero probabilmente verificate in assenza di un contagio.Tra le patologie pregresse ricorrenti indicate dall’ISS ci sono anche i tumori, segnalati nel 16 per cento del campione analizzato. Grazie alle terapie di cui disponiamo oggi, molti tumori possono essere trattati e tenuti sotto controllo: ci sono molte persone, non solo anziane, che convivono con la malattia e con maggiori aspettative di vita rispetto a un tempo. Le terapie possono però rendere queste persone più cagionevoli e il loro sistema immunitario può essere meno attrezzato nell’affrontare un’infezione virale mai avuta prima, come quella da coronavirus, con rischi molto più alti di ammalarsi di COVID-19 e di avere sintomi gravi che possono rivelarsi letali.
Occorre inoltre ricordare che non tutti i decessi di persone positive al coronavirus sono tracciati, semplicemente perché i dati sono riferiti ai soli casi che emergono tramite i test: è quindi una stima parziale e sicuramente in difetto.C’è infine un ulteriore elemento che mostra quanto sia fuorviante la teoria del 3.783. Solo nei primi sei mesi del 2021 in Italia ci sono stati 29mila decessi in più della media 2015-2019, mentre nel 2020 l’eccesso di mortalità è stato di 100mila individui rispetto agli anni precedenti. Naturalmente questi decessi non possono essere ricondotti tutti al coronavirus, ma l’aumento è comunque significativo. Seguendo lo scorretto ragionamento sulle malattie pregresse significherebbe che altre patologie siano improvvisamente diventate la causa di più morti, cosa che non è stata riscontrata.
Stabilire con certezza le cause del decesso di ogni infetto da coronavirus sarebbe impossibile, così come lo è per molte altre malattie infettive, ma i dati finora raccolti mostrano chiaramente che la COVID-19 ha avuto un ruolo nella morte di oltre 130mila persone, con lutti e dolori per centinaia di migliaia di familiari, amici e loro conoscenti.