La questione
I Militari hanno il diritto di aderire a nuove associazioni sindacali militari (APCSM), ovvero di fondarne di nuove, dopo aver tempestivamente revocato l’iscrizione ad un sindacato e prima del 31 dicembre?
Secondo alcune interpretazioni emerse, e come segnalato da diversi militari, il Ministero della Difesa avrebbe adottato una lettura restrittiva della Legge n. 46/2022 che impedisce la fondazione o l’adesione a una nuova APCSM sino al termine dell’anno solare (31 dicembre), anche in caso di revoca formale e tempestiva dell’iscrizione precedente.
Cosa prevede la legge e conseguenze di una interpretazione restrittiva
Come è noto, la Legge n. 46/2022 ha introdotto importanti novità per quanto riguarda l’esercizio della libertà sindacale all’interno delle Forze Armate; tuttavia alcuni aspetti applicativi sembrano aver generato paure e perplessità tra il personale militare, soprattutto per quanto concerne il diritto di fondare nuove associazioni professionali a carattere sindacale (APCSM).
Ed invero, abbiamo ricevuto segnalazioni da parte di alcuni militari che, nonostante nel 2023 abbiano tempestivamente e regolarmente trasmesso la revoca dell’iscrizione ad una sigla sindacale, si trovano nell’impossibilità di fondare una nuova associazione sindacale fino al 31 dicembre 2023.
In particolare, di seguito si riporta il riscontro fornito dal Ministero ad un militare proponente un nuovo sindacato:
“L’intervenuta revoca della delega sindacale di [OMISSIS] nei confronti di [OMISSIS] ne mantiene comunque attiva l’iscrizione sino al 31 dicembre 2023, ai sensi dell’art. 7, co. 3, della l. n. 46 del 2022, con la conseguenza che, fino a tale data, il suddetto militare non potrebbe:
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contestualmente iscriversi a un’altra APCSM, ai sensi dell’art. 1, co. 4 della l. n. 46 del 2022;
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a fortiori, essere promotore di un’altra APCSM, assumere cariche all’interno della stessa, né essere delegato a rappresentarla ai fini dell’interlocuzione con l’Amministrazione”.
In pratica, secondo tale interpretazione, se un militare revoca tempestivamente l’iscrizione a un sindacato entro il 31 ottobre, la sua iscrizione rimarrebbe comunque attiva fino al 31 dicembre dello stesso anno e durante tale periodo (ossia dalla revoca formalmente intervenuta sino al 31 dicembre) il militare non avrebbe la possibilità né di aderire ad un altro sindacato né di fondarne uno nuovo.
Tuttavia tale interpretazione, che sembra andare oltre il testo normativo (praeter legem), crea un vincolo significativo e nel contempo ingiustificato per i militari.
A ben guardare, infatti, si osserva che l’art. 7, comma 3, Legge n. 46/2022 (“La delega ha validità dal primo giorno del mese successivo a quello del rilascio fino al 31 dicembre di ogni anno e si intende tacitamente rinnovata se non è revocata dall’interessato entro il 31 ottobre. La revoca della delega deve essere trasmessa, in forma scritta, all’amministrazione e all’associazione professionale a carattere sindacale tra militari interessata”), se prevede espressamente la validità sino al 31 dicembre della delega non revocata, non prevede affatto un mantenimento della validità della delega sino al 31 dicembre in caso di delega revocata.
Ed infatti, ad avviso di chi scrive, la revoca dovrebbe avere efficacia immediata con conseguente diritto immediato di iscriversi ad altre associazioni sindacali ovvero di fondarne di nuove.
E ciò indipendentemente da eventuali clausole contrattuali che prevedono il pagamento del contributo sindacale fino al 31 dicembre in caso di revoca, essendo questo un aspetto di natura meramente formale che non involge minimante l’aspetto sostanziale della questione, ossia il fatto incontrovertibile che il militare non si sente più rappresentato dal sindacato revocato.
Peraltro, non può invocarsi a sostegno dell’interpretazione restrittiva il principio secondo cui un militare non può risultare iscritto a due sindacati contemporaneamente: tale principio, infatti, non appare minimante intaccato allorquando la volontà di cambiare associazione è stata chiaramente espressa e magari sia scaturita addirittura da un contrasto con la stessa sigla sindacale.
Al contrario, sostenere la permanenza dell’iscrizione attiva sino al 31 dicembre malgrado la revoca tempestiva (intervenuta cioè entro il 31 ottobre) avrebbe inevitabili ripercussioni negative sia sulla libertà di scelta dei militari (ai quali verrebbe impedito di reagire tempestivamente a cambiamenti nelle loro preferenze o esigenze sindacali), sia sulla creazione e la rappresentatività di nuove sigle sindacali e, pertanto, parrebbe costituzionalmente illegittimo in quanto lesivo del diritto alla libertà sindacale garantito dall’art. 39 Cost. (“L’organizzazione sindacale è libera”).
Altro ingiusto ed inaccettabile corollario di una siffatta interpretazione restrittiva è che il militare che si iscriva ad un sindacato dopo il 31 ottobre (ossia dopo il termine fissato dall’art. 7, comma 3, Legge n. 46/2022 per comunicare la revoca), rimane vincolato a tale iscrizione sia per il restante anno in corso, sia per tutto l’anno successivo, senza alcuna possibilità di aderire ad un altro sindacato o di fondarne uno nuovo prima del secondo gennaio successivo (ad es. chi si iscrive oggi, non potrebbe farlo prima di gennaio 2025 !): in pratica, un vero e proprio vincolo forzato di almeno 13 o 14 mesi (a seconda che ci si iscriva a novembre o a dicembre) senza possibilità di “fuga” che non si vede come possa ritenersi compatibile con l’art. 39 Cost.
L’importanza della questione in vista del c.d. “conteggio degli iscritti”
Peraltro, la questione assume una notevole rilevanza pratica in vista del c.d. “conteggio degli iscritti”, previsto per il 31 gennaio 2024, che determinerà la rappresentatività delle associazioni sindacali militari: l’interpretazione restrittiva de qua potrebbe infatti impedire ad una nuova associazione sindacale di raggiungere il numero di iscritti necessario per essere considerata rappresentativa in un arco temporale così ristretto (il solo mese di gennaio !).
L’interpretazione restrittiva attuale, dunque, potrebbe creare un netto squilibrio nel panorama sindacale militare, da un lato creando barriere insormontabili per le nuove realtà sindacali (in spregio a quanto statuito dall’art. 39 Cost.) e, dall’altro, favorendo le associazioni sindacali già stabilite.
Questo non solo influenzerebbe la dinamica interna delle Forze Armate ma potrebbe anche avere ripercussioni sulla legittimità e l’efficacia del dialogo sindacale all’interno dell’istituzione militare.
Richiesta di chiarimenti al Ministero da parte di Infodifesa
Data la rilevanza della questione, anche in vista del c.d. “conteggio degli iscritti” previsto per il 31 gennaio 2024, la Redazione di Infodifesa, tramite l’avv. Umberto Lanzo, ha contattato l’Ufficio Stampa del Ministero della Difesa al fine di ottenere una posizione ufficiale sulle modalità di applicazione della Legge n. 46/2022 che evitasse discrezionalità e possibili pregiudizi nei confronti dei Militari interessati, dissipandone altresì paure e preoccupazioni.
Purtroppo, non avendo ricevuto riscontro alcuno (nemmeno un secco no comment), la questione rimane allo stato ancora irrisolta, ma c’è chi teme che tale silenzio possa aumentare l’incertezza e le preoccupazioni dei Militari interessati ad esercitare il proprio diritto di libertà sindacale ex art. 39 Cost.
Sindacati nelle Forze Armate e di Polizia: differenze e disparità di trattamento
Sul punto, peraltro, è appena il caso di notare che nelle Forze di Polizia ad ordinamento civile, sebbene vi sia lo stesso meccanismo temporale per la revoca della delega sindacale, le conseguenze della revoca sono ben diverse.
Anche se un poliziotto revoca la sua iscrizione sindacale entro il 31 ottobre, mantenendo l’iscrizione attiva fino al 31 dicembre, viene comunque concessa la libertà di iscriversi ad un altro sindacato, ovvero di contribuire alla fondazione di uno nuovo, durante l’anno in corso.
Tale condivisibile flessibilità offre ai membri delle Forze di Polizia civili una maggiore libertà di scelta e rappresenta un esempio di come la libertà sindacale possa essere regolata in modo conforme all’art. 39 Cost. (“L’organizzazione sindacale è libera”).
Queste differenze tra le Forze Armate e le Forze di Polizia civili comportano una significativa disparità di trattamento sotto l’aspetto della libertà sindacale: mentre i Militari sono soggetti a restrizioni più rigide che limitano la loro capacità di esprimere liberamente le proprie preferenze sindacali, i membri delle Forze di Polizia civili godono di una maggiore flessibilità, che consente loro di adattarsi meglio a cambiamenti nelle loro esigenze o preferenze sindacali.
L’auspicio di una risposta chiara da parte del Ministero
In assenza di un’interpretazione chiara e di un orientamento giurisprudenziale di riferimento (essendo la Legge n. 46/2022 entrata in vigore soltanto il 27 maggio 2022), la questione sta suscitando notevole interesse e, nel contempo, preoccupazione tra il personale delle Forze Armate.
I Militari restano in una condizione di incertezza, che inevitabilmente si ripercuote sul loro diritto di esercitare pienamente il loro diritto sindacale.
Pertanto si auspica che il Ministero della Difesa fornisca quanto prima indicazioni chiare e univoche, contemperando le esigenze organizzative delle Forze Armate coi diritti dei suoi membri.
A tal fine appare fondamentale che le politiche sindacali all’interno delle diverse Forze dell’Ordine siano allineate per garantire che tutti i membri godano della libertà sindacale in eguale misura.
A cura di
Avv. Umberto LANZO
Responsabile della sezione “Avvocato Militare” di Infodifesa
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Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa