RAI DA BRUCIARE – CON UN MOSTRUOSOI DEFICIT DI 300 MILIONI, COME RIESCE A PERMETTERSI, NELLA FORESTA INFINITA DI RETI E TESTATE CON SUPER-DIRETTORI, DIRETTORI, VICEDIRETTORI, L’ESISTENZA DI UN REPERTO COME TELEVIDEO O DI RAISANMARINO CON POLTRONA DI COMANDO AMBITISSIMA IN QUANTO RISULTANTE ALL’ESTERO CON TUTTE LE PREBENDE E I BENEFIT CHE QUESTO COMPORTA PER INFORMARE SU UN PAESINO-STATO DOVE NON ACCADE UNA MAZZA?

Mario Ajello per “il Messaggero”

 

televideo rai televideo rai

Nessuna assunzione esterna (anche se a ottobre scadono le poltrone di direttore di Tg1 e Tg2). Scivoli per pensionare. Razionalizzare, accorpare e in certi casi chiudere le 12 reti esistenti alcune sconosciute, altre inutili o superflue, tutte economicamente più o meno pesanti. No licenziamenti, ma tagli sì, e non pochi senza però gravare sul prodotto e sul buon funzionamento aziendale.

 

 

C’è questo e molto altro nella rivoluzione Rai, targata Carlo Fuortes, amministratore delegato «suadente ma duro» lo definiscono a Viale Mazzini, il primo ad usare in Rai grazie allo scudo robusto di Draghi i poteri che i suoi recenti predecessori non avevano la forza di azionare per paura di dispiacere ai partiti.

CARLO FUORTES MARINELLA SOLDI CARLO FUORTES MARINELLA SOLDI

 

Ma tutti sanno in Rai, chi tifa per l’ad lui e chi contro, che se rivoluzione riuscirà ad essere va fatta in tempi brevi. Da qui a gennaio. Perché poi, dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato magari si andrà a votare e cambia tutto o comunque la politica in occasione della scelta del nuovo presidente della Repubblica potrebbe riprendere in mano quel pallino del comando generale, e la Rai è un grande pezzo del tutto, e impedire ciò che ha sempre impedito: la trasformazione del carrozzone televisivo in una vera azienda gestita con criteri aziendali, che produce e che fattura.

 

DISBOSCARE

 

rai sanmarino rai sanmarino

E invece al momento la Rai non solo stenta a fare servizio pubblico, pur succhiando tanti soldi (quasi 2 miliardi all’anno di canone più la pubblicità), ma si presenta come un organismo diseconomico che riesce a permettersi – solo per fare un esempio, a proposito della foresta infinita di reti e testate con super-direttori, direttori, vicedirettori – l’esistenza di un reperto come Televideo o di RaiSanMarino con poltrona di comando ambitissima in quanto risultante all’estero con tutte le prebende e i benefit che questo comporta per informare su un paesino-Stato dove accade poco.

 

stefano coletta foto di bacco stefano coletta foto di bacco

Ma come ha detto Fuortes ai direttori di Mamma Rai, e non lo nasconde a nessuno: «Il buco di bilancio per quest’ anno è di 57 milioni. Ma con i debiti pregressi il deficit è di 300 milioni di euro. Una situazione da libri in tribunale». Dunque, tutti insieme a cambiare tutto. E anche in fretta. Il cuore della rivoluzione sarà un cuore relativamente antico.

 

STRATEGIA

LUDOVICO DI MEO LUDOVICO DI MEO

Parlando con i dirigenti tra Viale Mazzini e Saxa Rubra, l’ad non ha nascosto la sua intenzione: quella del restyling del Piano industriale del suo predecessore, Salini, votata dal Cda di allora. «Quel piano ha molto di buono – va spiegando Fuortes ai suoi interlocutori – e lo riprendiamo».

 

AUDIZIONE DI FRANCO DI MARE IN COMMISSIONE VIGILANZA AUDIZIONE DI FRANCO DI MARE IN COMMISSIONE VIGILANZA

Potrebbe essere varato entro dicembre. E funziona così: al posto di Rai1, Rai2, Rai3 e delle altre, ecco nove Direzioni di genere, i cui direttori oltretutto sono già stati nominati, che ottimizzano (il risparmio è stimato in partenza 40 milioni all’anno) e realizzano prodotti da distribuire nei vari canali.

 

michele anzaldi michele anzaldi

Esulta il renziano Michele Anzaldi che di Rai sa tutto: «Alla buon’ora! Non sarebbe altro che applicare ciò che accade in tutte le altre televisioni del mondo». Dove non vale il criterio per cui più reti più posti per i protetti dei partiti, più tiggì più poltrone da regalare alla politica e soprattutto la regola tele-italiana per eccellenza: più soldi meno ricavi.

 

Ci sarebbe con le Direzioni di genere, un super-governo collegiale senza poltrone pesanti a cascata. E senza doppioni: basti pensare che gli attuali direttori di Rai, Rai2 e Rai3 lo sono ad interim perché già nominati dal Cda precedente a guidare la direzione di genere Intrattenimento (Coletta), quella Cinema e serie tv (Di Meo), quella Day Time (Di Mare che oltretutto è in procinto di andare in pensione).

il cavallo della rai di viale mazzini il cavallo della rai di viale mazzini

 

Poi si sono le altre, dalla Fiction ai Nuovi format, da Cultura a Offerta informativa che dovrebbe sovrintendere a tutti i tiggì (i cui posti di comando sarebbero ridotti e depotenziati) smistando loro servizi e evitando doppioni e sprechi.

 

Ma questo tipo di rivoluzione non è certo facile. Basti pensare che l’intenzione di Fuortes di ridurre il numero dei giornalisti e di tecnici (solo due testate) al seguito del prossimo viaggio del Papa a settembre in Ungheria e Slovacchia sta creando forti malumori a Saxa Rubra.

 

mario draghi in conferenza stampa mario draghi in conferenza stampa

E il Cdr del Tg1 ha chiesto all’ad un incontro chiarificatore. Perché anche il comparto informazione – dove il progetto di fare due newsroom al posto dei tanti tg è all’ordine del giorno – avrà la sua rivoluzione. Che al Settimo Piano ci si augura «gentile» ma già arrivano – visto che meno tiggì significa meno poltrone condizionate dalla politica – segnali di guerra a Fuortes.

 

Basti vedere come è stato avvertito dal centrodestra quando in commissione di Vigilanza s’ è parlato delle due newsroom: «Dottor Fuortes, faccia cose più semplici. Non vada a inseguire cose difficili…». Ma le rivoluzioni, sia che riescano sia che falliscano, non sono un pranzo di gala.

 



Redazione Dagospia