I consumatori che hanno comprato un veicolo a motore con un impianto di manipolazione delle emissioni vietato, così come emerso dallo scandalo Dieselgate, possono chiedere un risarcimento al costruttore. Lo ha deciso la Corte di giustizia europea.
Nuovo capitolo dello scandalo Dieselgate. Gli Stati dell’Unione europea devono prevedere un diritto al risarcimento da parte del costruttore per chi ha comprato un veicolo con impianto vietato di manipolazione delle emissioni. Lo ha deciso la Corte di giustizia europea stabilendo che le disposizioni comunitarie tutelano non solo “gli interessi generali” ma anche quelli “particolari” del singolo acquirente.
Dieselgate: come funziona il possibile risarcimento
In mancanza di disposizioni del diritto dell’Unione che disciplinino le modalità del risarcimento, spetta a ciascuno Stato membro determinarle. La Corte evidenzia però che la normativa nazionale non può rendere impossibile o eccessivamente difficile l’ottenimento di un adeguato risarcimento dei danni causati all’acquirente. Può essere anche previsto che i giudici nazionali vigilino affinché non ci sia “un indebito arricchimento degli aventi diritto”.
Il ricorso per risarcimento danni in Germania
A chiedere un rinvio pregiudiziale era stato il tribunale del Land di Ravensburg (nella Germania sud-occidentale). Un cittadino aveva fatto ricorso nei confronti della Mercedes-Benz per farsi risarcire il presunto danno che il gruppo avrebbe causato dotando il veicolo diesel di un software che ridurrebbe il tasso di ricircolo dei gas di scarico quando le temperature esterne si collocano al di sotto di una certa soglia. Questo impianto sarebbe vietato dal regolamento relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri.
Dieselgate: come siamo arrivati fin qui
A settembre 2015 l’Epa (Environmental protection agency, Agenzia per la protezione dell’ambiente) statunitense fece alcuni riscontri da cui risultava che la Volkswagen aveva installato illegalmente un software nella centralina per aggirare le norme ambientali sulle emissioni delle vetture diesel. Quando la macchina era testata, il software azionava una riduzione delle prestazioni e delle relative emissioni.