L’arrivo a Taiwan della terza carica statunitense è stato accolto da un’ondata di critiche da parte della Cina, che vede nella visita una provocazione e un cambio di rotta nella politica statunitense nell’area. Qual è il contesto e quali sono i possibili rischi della missione.
La presidente della Camera dei rappresentanti statunitense, Nancy Pelosi, è giunta a Taiwan per una visita non ufficiale. L’iniziativa rischia di innalzare il livello di tensione tra gli Stati Uniti e la Cina, che considera l’isola a tutti gli effetti una propria provincia ribelle. “Venendo a Taiwan noi onoriamo il nostro impegno per la democrazia, riaffermiamo che le libertà di Taiwan, e di tutte le democrazie, devono essere rispettate”, ha affermato Pelosi in un articolo pubblicato dal Washington Post, in contemporanea con la dichiarazione diffusa dalla Speaker della Camera subito dopo il suo arrivo nella capitale Taipei.
Pelosi rivendica che la sua visita a Taiwan “non contraddice in nessun modo la politica adottata da tempo dagli Stati Uniti“. “Gli Usa continuano ad opposti a sforzi unilaterali per cambiare lo status quo”, ha aggiunto la Speaker nella dichiarazione diffusa dal suo ufficio subito dopo il suo atterraggio all’aeroporto di Taipei.
L’agenda di Pelosi a Taiwan
La maggior parte degli appuntamenti, stando all’agenda divulgata dai media statunitensi, è prevista per mercoledì, considerato che l’atterraggio della terza carica istituzionale americana è giunto nella serata taiwanese. Alle 9 del mattino, infatti, la leader statunitense si recherà al parlamento di Taiwan, per poi incontrare la presidente Tsai Ing-wen. Atre tappe riguardano una visita al museo per i diritti umani di Jingmei e altri incontri al ministero della Difesa e in centri culturali. Pelosi lascerà l’isola alle 17.
Pechino: “Enorme provocazione politica”
La visita ha suscitato numerose reazioni internazionali, alcune delle quali aspramente critiche. “Il tradimento degli Stati Uniti sulla questione di Taiwan è deplorevole e può solo far fallire ulteriormente la loro credibilità“. Questa l’accusa rivolta a Washington dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi. “Esporre al mondo il volto prepotente degli Stati Uniti non può che rendere più chiaro ai popoli di tutti i Paesi che gli Stati Uniti sono oggi il più grande distruttore della pace“, ha attaccato ancora Wang. Quei “politici americani” che “da egoisti giocano con il fuoco” sulla questione di Taiwan, “diventando nemici di 1,4 miliardi di cinesi, faranno una brutta fine”, ha aggiunto il capo della diplomazia cinese.
In una nota del dicastero la visita viene definita “una enorme provocazione politica”. La Repubblica popolare “adotterà tute le misure necessarie per proteggere la propria sovranità“, conclude il comunicato.
Russia: “Gli Usa destabilizzano il mondo”
Anche Mosca accusa Washington di “destabilizzare il mondo” nel mezzo delle crescenti tensioni su Taiwan. “Washington destabilizza il mondo. Non un solo conflitto risolto negli ultimi decenni, ma tanti provocati”, ha scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova. La Cina, vale la pena ricordarlo, non ha mai condannato apertamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze di Mosca. “Certamente possiamo affermare che è mera provocazione tutto ciò che riguarda questo viaggio e una possibile visita a Taiwan” della speaker della Camera dei rappresentanti Usa”. Si è invece espresso così, in dichiarazioni riportate dall’agenzia Tass, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Manovre militari e allarme sicurezza
L’arrivo di Pelosi a Taipei è stato accompagnato da un crescendo di tensione anche sul fronte militare. Le forze armate di Taiwan hanno “aumentato” il livello di “prontezza operativa” da questa mattina “in risposta a esercitazioni militari” cinesi. Da mesi, ormai, le forze aeree e navali di Pechino effettuano manovre nelle acque che dividono l’isola dalla Cina continentale. A poche ore dall’atterraggio della presidente a Taipei, Pechino ha annunciato che si terranno esercitazioni militari al largo di Taiwan. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Xinhua spiegando che le esercitazioni si terranno in sei zone attorno all’isola dal 4 al 7 agosto. Il ministero della Difesa di Taipei ha risposto dicendo di avere ”piena comprensione delle attività vicino a Taiwan” e che ”invierà forze appropriate in relazione alle minacce”.
Poco prima dell’arrivo di Pelosi è stato diramato anche un allarme bomba all’aeroporto internazionale Taoyuan di Taiwan. Secondo l’agenzia Cna, che cita la polizia di frontiera, sono state rafforzate le misure di sicurezza ed è stata inviata una “squadra speciale” per garantire la sicurezza dello scalo e dei voli dopo che in mattinata alla Taoyuan International Airport Corp., che gestisce l’aeroporto, sono arrivate minacce sulla collocazione di tre ordigni esplosivi, senza che però siano stati trovati oggetti sospetti.
Lo scontro Usa-Cina nel Pacifico
Il controllo del Pacifico è divenuto da tempo il punto centrale della sfida per l’egemonia globale tra Cina e Stati Uniti. È stato il presidente Barack Obama a formulare la dottrina del “Pivot to Asia”, secondo cui gli Usa avrebbero dovuto orientare in questo quadrante geopolitico i propri sforzi e le proprie attenzioni. La guerra in Ucraina ha parzialmente ridimensionato questo trend, ma probabilmente si tratta di un cambiamento momentaneo. Insieme a Hong Kong, Taiwan rappresenta uno dei dossier più scottanti di politica estera, anche se dal punto di vista di Pechino si tratta in realtà di questioni domestiche.
Le visite precedenti e le relazioni tra Pechino e Washington
La visita di Nancy Pelosi non è propriamente un unicum nella storia delle relazioni tra Washington e Taipei. Nell’insistere nel dire che Nancy Pelosi in qualità di Speaker del Congresso può andare a Taiwan in completa autonomia senza implicare un cambio di politica da parte dell’amministrazione Biden, la Casa Bianca definisce “sproporzionata” la reazione di Pechino e ricorda la precedente visita a Taipei nel 1997 di Newt Gingrich. Ma il repubblicano allora era alla guida del Congresso mentre alla Casa Bianca sedeva il democratico Bill Clinton. Non era quindi dello stesso partito del presidente.
Altro elemento importante è il carattere non ufficiale della visita. L’apertura delle relazioni diplomatiche tra Usa e Cina, inaugurata con la visita nel 1972 del presidente Richard Nixon a Pechino, renderebbe alquanto improbabile una mossa analoga con Taiwan. In altri termini, al momento è difficile pensare che al posto di Pelosi possa esserci stato Biden.