(di Sara Bentivoglio) – Questa volta sono scesa al sud, in Irpinia, una delle tante terre di mezzo che spesso nessuno ascolta. Ho incontrato Cinzia, una brillante professionista che da anni si batte per dare voce alle donne vittime di reati. Mi ha raccontato il suo lavoro, i suoi casi, il bisogno di welfare e rispetto che tutti meritiamo… Soprattutto noi donne.
Avvocato ci sono gli strumenti per combattere i reati di genere?
Ci sono, ma vanno applicati e velocemente quando avvengono episodi di violenza. Episodi da fermare immediatamente prima che diventino irreversibili. Ma non bastano! Non basta solo la macchina della giustizia, servono politiche nazionali e territoriali adeguate a migliorare le condizioni sociali. Chi compie atti persecutori o violenza verso le donne o altri soggetti fragili, è esso/essa stessa vittima di una società distratta. La cultura del rispetto e la cultura in generale sono i primi elementi necessari da cui partire per avere una generazione futura migliore.
Quali soluzioni proporrebbe ai governanti per abbassare il numero di episodi di violenza?
Parlarne di più, promuovere dibattiti, incontri, forum sia a livello nazionale, sia locale. E’ necessario sensibilizzare ad ogni livello. E’ necessario far arrivare in ogni dove la cultura del rispetto verso tutti. Purtroppo esistono contesti geografici in cui sono carenti gli indici di alfabetizzazione e questo è sinonimo di violenza e degrado sociale. Un tempo era diverso, vi erano altre strutture sociali che garantivano la cultura del rispetto e anche se si era analfabeti si era rispettosi, educati. Oggi non è più cosi e se manca la formazione scolastica e si vive in un contesto sociale trascurato, allora si è più portati a compiere atti di violenza. Gli stakeholders di una comunità sono obbligati a promuovere iniziative di sensibilizzazione per prevenire atti violenti. Le leggi di cui oggi disponiamo sono efficaci e di concerto con la Magistratura e le Forze dell’ordine si riesce a fare un buon lavoro, ma, ripeto, l’origine del problema è a monte e non a fatto compiuto.
Possono bastare solo azioni di sensibilizzazione?
No, ma rappresenterebbero un buon inizio, almeno nelle piccole realtà dove mancano servizi e istituti di formazione non ordinari (palestre, teatri, centri di aggregazione, centri di ascolto, ecc.). Casi di violenza avvengono in ogni luogo, piccolo o grande che sia, ma dove mancano le politiche sociali gli episodi aumentano. Attori importanti possono essere le istituzioni, le scuole di ogni ordine e grado sono un esempio dove si possono introdurre momenti formativi nel piano didattico. Succede nei Paesi scandinavi e i risultati sono incoraggianti. Allora perché non farlo anche da noi? Non solo le scuole devono essere deputate a promuovere momenti di crescita etica, ma anche i luoghi di lavoro. Ovunque ci sia una comunità di persone lì se ne debba parlare ed il dibattito deve essere incentrato su tutte le forme di rispetto perché spesso le vittime non sono solo le donne, ma i più deboli, anche esseri indifesi quali minori, persone con basse capacità cognitive, diversamente abili e anziani. Il tema è ampio e va trattato sempre e in ogni contesto.
Lei annovera molti fascicoli su reati di questo genere?
Purtroppo sì. Anche se devo dire che con la Legge del 19 Luglio 2019 nr. 69 a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, il c.d. codice rosso a tutela dei maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, aggravata e di gruppo, atti sessuali con minorenne, atti persecutori ecc. si ottengono migliori risultati in termini di tempestività di azione. Questo grazie anche alla sinergia tra la Procura e la Polizia Giudiziaria. Noi arriviamo dopo e, spesso, ci prendiamo tutto il carico umano che riservano queste tristi vicende. Personalmente avverto l’obbligo morale e professionale di accogliere questo tipo di pratiche anche se a costo ZERO, anche se con un fardello di lavoro immane. Noi avvocati costituiamo una parte importante dell’ossatura istituzionale del nostro Paese ed insieme agli altri elementi concorriamo al miglioramento della condizione della nostra società. E lo dico come avvocato, donna e madre.
C’è un episodio che l’ha colpita o che le ha dato un insegnamento particolare?
Tanti che non basterebbe questa intervista ad elencarli. Posso però raccontare tutte le volte in cui vengono coinvolti i bambini e me ne faccio carico umano in particolar modo. Cerco in ogni modo di schermarli ed evitare che assistano a fatti crudi e violenti. Ogni volta che si parla di bambini si parla di un elemento in più: lo sviluppo della persona. Purtroppo alcuni fatti sono determinanti nella costruzione neuropsicologica dei minori, siano essi infanti, preadolescenti o adolescenti. Credo che questa mia apprensione scaturisca più dal mio senso materno che da quello professionale, ma non ci si può sottrarre ed agisco istintivamente attivando le procedure necessarie a tutelare questi esseri innocenti. Nessuno deve rubare l’infanzia! Anche se in lacrime si rivendica l’amore, bisogna capire, con l’ausilio di sociologi e psicologi, quanto questo amore possa rivelarsi tossico.
Avvocato ma perché ha voluto dedicare il suo impegno a questo tema?
Perché non è solo un tema, ma un presupposto necessario a costruire una società futura migliore. Una sorta di missione. A tutti nella vita può capitare di avere una vocazione in particolare, a me è capitata questa: stare dalla parte dei più deboli e delle donne ferite. Tutte. Vede, le ferite hanno diversa entità e diverse cicatrici. Non esistono solo ferite causate da violenza fisica, no! Esistono ferite causate da abbandoni, da dinieghi per una adozione, ferite causate da perdite di cari, ferite per un intervento chirurgico sbagliato, ferite per una condizione di emarginazione sociale, ferite causate da un calvario giudiziario o medico-sanitario. Noi donne siamo straordinariamente forti e straordinariamente fragili, io subentro nel secondo caso.
Vorrebbe dire qualcosa alle donne che leggeranno questa intervista?
Certo. Intanto che se si vuole pensare ad un futuro migliore per se stesse o per le persone care non deve mai mancare un presupposto essenziale: il coraggio. Il coraggio di dire NO! Il coraggio di denunciare! Il coraggio di scappare! Il coraggio di parlarne, di confidarsi! Il coraggio di scegliere liberamente anche contro i preconcetti! Una donna può essere abbandonata, ma non dovrà mai sentirsi sola perché noi donne rappresentiamo una comunità di intenti e sappiamo leggerci dentro. Le porte delle istituzioni sono sempre aperte e anche la mia. Non potrò che accogliere con un caloroso abbraccio chiunque voglia affrontare un percorso di rinascita e sia pronta a rivendicare i propri diritti.
Auguri Avvocato e buon lavoro.
Grazie, anche a lei.