Ucraina: arruolamenti, combattenti per la libertà e il codice penale. Gli arruolamenti e la chiamata alle armi dei combattenti per la libertà e il reato di arruolamenti non autorizzati. Mercenari o meglio i “freedom fighter” che partono per Kiev devono considerare che commettono un reato a meno che non abbiano l’approvazione del governo.
In questi giorni assistiamo ad una chiamata alle armi, tante domande di arruolamenti per difendere la libertà dell’Ucraina, lo spirito che accomuna le tante persone che hanno deciso di andare a Kiev per combattere ha motivazioni encomiabili ma prevede dei risvolti giuridici non secondari.
Il Consolato dell’Ucraina a Milano ha postato il 28 febbraio su Facebook “Grazie a chi ha chiesto di arruolarsi, vi aspettiamo, servono colloquio e passaporto“.
Fin dalle prime ore del conflitto e dell’intervento militare russo nel territorio ucraino, alle sedi diplomatiche di Kiev in Italia erano spontaneamente arrivate molte richieste di cittadini ucraini e anche di italiani, pronti a partire per combattere contro i russi. Lo stesso console ucraino a Milano ne aveva fatto menzione nelle prime interviste. Di qui forse l’idea di mettere on line un post per informare sulle modalità per formare liste di volontari.
Il post è stato rimosso nel pomeriggio di mercoledì 2 marzo, perché si poteva configurare il reato previsto all’articolo 288 dal nostro codice penale.
Art. 288 – Arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero
1. Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni.
2. La pena è aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.
La ratio dell’incriminazione è quella di impedire l’usurpazione di due speciali poteri che spettano esclusivamente allo Stato: il potere di coscrizione militare e il potere di inviare all’estero soccorsi militari. Poiché l’incriminazione riguarda solo l’usurpazione di tali supreme funzioni dello Stato, è punito solo colui che arruola o arma, mentre non sono sanzionati gli arruolati o armati.
La possibilità di arruolare o armare cittadini per mandarli a combattere in uno Stato estero non è possibile a meno che non ci sia l’approvazione esplicita Governo italiano.
È chiaro infatti che, in un ordinato regime democratico, soltanto i poteri regolarmente costituiti dallo Stato – legislativo ed esecutivo – hanno diritto di decisione, con conseguente responsabilità di fronte al Paese, in merito all’ordinamento ed all’impiego della pubblica forza
L’articolo 18 della Costituzione prevede che i cittadini abbiano diritto di associarsi liberamente purché per fini non vietati dalla legge penale.
La nostra Costituzione specifica, sempre all’art. 18, che sono proibite le associazioni che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
Il Codice Penale prevede la punizione di chi fa arruolamenti o compie atti ostili verso uno Stato estero con pene da 6 a 18 anni, ma fino all’ergastolo se poi qualcuno attacca per ritorsione l’Italia. C’è anche la legge 210 del 1995, che attuava una convenzione dell’Onu e punisce tanto il mercenario quanto chi lo recluta con pene fino a 14 anni.
Il reato di arruolamenti o armamenti non autorizzati, dopo un lungo torpore, balzò agli onori della cronaca per la triste e funerea vicenda del nostro connazionale Fabrizio Quattrocchi assassinato in Iraq nel 2004.
Il 27 settembre 2007 la Procura della Repubblica presso il tribunale di Bari ha richiesto il rinvio a giudizio per Giampiero Spinelli e per Salvatore Stefio – quest’ultimo rapito con Quattrocchi – in quanto ritenuti responsabili di «arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero» reato punito ai sensi dell’art. 288 del codice penale nei confronti di Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Fabrizio Quattrocchi.
Per lo Spinelli il Gip di Bari aveva deciso, sulla base del medesimo reato, il divieto di espatrio per sei mesi, ma il provvedimento era stato annullato, il 18 ottobre 2007, dal tribunale del riesame. Il 17 aprile 2008 il Giudice dell’udienza preliminare di Bari ha rinviato a giudizio Spinelli e Stefio mantenendo invariato il capo d’accusa. Il processo è iniziato il 31 luglio 2008, avanti alla Corte d’assise di Bari, si è concluso il 16 luglio 2010 con la piena assoluzione degli imputati con la formula “perché il fatto non sussiste”Il reato di arruolamenti o armamenti non autorizzati dal 1930 ad oggi è stato applicato una sola volta nel lontano 1939 per una vicenda inerente alla Guerra civile spagnola.Nell’archivio della cassazione citiamo Cass., sez. III, 5 dicembre 1939, Pacini, in Giustizia penale, 2, 1940, p. 430.Riteniamo che la ragione di incriminare il fatto è tuttora validissima; essa merita anzi di essere meglio considerata dalla pubblica opinione che non dovrebbe mai indulgere ad arruolamenti non autorizzati – pur se talvolta animati da generosi impulsi – per difendere un popolo aggredito. È chiaro infatti che, in un ordinamento democratico, soltanto i poteri regolarmente costituiti dallo Stato – legislativo ed esecutivo – hanno diritto di decisione, con conseguente responsabilità di fronte al Paese, in merito all’impiego della pubblica forza. (www.filodiritto.com)
Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa