Dalla detassazione del sussidio di 200 euro erogato dai datori di lavoro alla possibilità di un taglio delle accise in caso di aumento del gettito Iva sui carburanti, passando per l’annuncio del ritorno di un bonus trasporti. Secondo quanto riferito da fonti di Palazzo Chigi ad upday, il fondo per l’aiuto ai pendolari verrà rifinanziato. Ecco cosa ha deciso il governo nella serata di giovedì 12 gennaio per superare le polemiche scoppiate dopo la mancata proroga dello sconto sulle accise.

Due Consigli dei ministri in tre giorni sono una rarità. A maggior ragione, se si torna sullo stesso argomento. Ma il tema deI rincaro dei carburanti è troppo importante per il governo, che ha quindi deciso di intervenire di nuovo cercando di scongiurare altri aumenti dei prezzi alla pompa. A questo scopo è stato integrato il decreto legge già a approvato martedì 10 gennaio.

Il caso è scoppiato un mese prima delle elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio, il primo test politico per l’esecutivo Meloni. Intanto, incombe uno sciopero dei benzinai che è stato però congelato dopo un vertice a Palazzo Chigi tra esponenti del governo e le tre sigle che hanno indetto la mobilitazione.

Bonus 200 euro fino alla fine dell’anno

I buoni benzina fino a 200 euro erogati dai datori di lavoro ai loro dipendenti saranno detassati fino alla fine di dicembre e non più fino alla fine di marzo, come era stato deciso il 10 gennaio. Questo sussidio non concorrerà quindi alla formazione del reddito da lavoro dipendente, assoggettato all’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef). Il bonus benzina era già stato introdotto lo scorso anno ed era valido fino a fine 2022.

Torna il bonus trasporti

“Nell’ultimo decreto c’è una norma che rimborsa i pendolari per gli abbonamenti sui mezzi pubblici”, ha annunciato al Tg5 la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni. Ma questa misura non è stata inclusa nel comunicato stampa diramato al termine della riunione. Fonti di Palazzo Chigi hanno fatto sapere ad upday che verrà ripristinato il fondo per il bonus trasporti. Una misura, scaduta lo scorso dicembre, dal valore massimo di 60 euro per acquistare un abbonamento annuale o mensile.

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L’accisa mobile in caso di aumento del prezzo della benzina

Nel decreto, che non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale, il governo ha previsto anche un eventuale taglio alle accise nel caso in cui aumenti il prezzo del petrolio e di conseguenza crescano i guadagni dello Stato. Un meccanismo anche chiamato ‘accisa mobile’.

Innanzitutto, una premessa. Come mostra il grafico sotto, quasi il 60% del prezzo al dettaglio della benzina è formato da Iva e accise, secondo i dati del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Per quanto riguarda il gasolio per automobili, le tasse sono circa la metà del prezzo. I soldi arrivano allo Stato da due fonti diverse: le accise e l’Imposta sul valore aggiunto (Iva).

Le accise gravano sulla quantità, non sul prezzo. Più benzina viene comprata, più lo Stato incassa. Meno benzina viene acquistata, meno guadagna lo Stato dalle accise, anche se il prezzo alla pompa è cresciuto. Le accise esistono sui prodotti energetici (compresi i carburanti e i combustibili per riscaldamento), gli alcolici, i tabacchi lavorati e l’energia elettrica. Come spiegato dal ministero dell’Economia e delle Finanze, “piccole variazioni delle aliquote di accisa garantiscono allo Stato un nuovo e maggiore gettito in tempi alquanto ridotti“. Anche perché chi è in difficoltà economica ridurrà l’acquisto di altri beni prima di risparmiare su carburanti ed energia elettrica.

Cosa è l’Iva

L’imposta sul valore aggiunto è una tassa pagata dal consumatore finale. Sui carburanti è al 22% del prezzo: lo aumenta di un quarto. Sia le accise che l’Iva sono imposte indirette: non colpiscono direttamente il reddito ma gravano su ricchi e sui poveri allo stesso modo.

Come funzionava fino a oggi

La nuova norma si impernia sulla Finanziaria (così si chiamava la legge di Bilancio) del governo Prodi nel 2007. Questo meccanismo permetteva al ministero dell’Economia e delle Finanze di ridurre l’Iva qualora il prezzo del petrolio greggio fosse salito sopra un livello di riferimento.

Infatti, più sale il prezzo del petrolio e quindi della benzina, più aumenta il gettito Iva. Se il prezzo della benzina (netto più accise) è di 1 euro, l’Iva dà allo Stato altri 22 centesimi. Ma se questo sale a 1,10 euro, lo Stato ne incassa 24.

Cosa ha deciso il governo

La misura prevede che se da questo eventuale aumento del prezzo all’ingrosso è derivato un incremento del gettito Iva, lo Stato può – non è obbligato a farlo – utilizzare le maggiori entrate per ridurre le accise. In sostanza, il governo promette di intervenire se il prezzo del petrolio salirà ancora. Trascinandosi dietro un ulteriore aumento dei prezzi della benzina.

Va sottolineato che con la fine dello sconto sulle accise lo Stato ha già iniziato a guadagnare di più. Sia direttamente dalle accise che indirettamente dal maggiore gettito Iva. Ma questo extragettito è stato inserito nelle entrate previste nel 2023 che il governo ha messo nero su bianco nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza inviata anche alla Commissione europea. Se venissero meno questi ricavi, l’esecutivo dovrebbe trovare i soldi da qualche altra fonte.

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