Come è iniziata la vicenda
Tutto era iniziato martedì, quando Ryan stava giocando davanti casa nel villaggio di Tamrout, nel nord del Paese, 100 chilometri da Chefchaouen sui monti del Rif. Era pomeriggio, con lui c’era anche il papà che poi ha dichiarato: «Lo tenevo d’occhio ma è sparito all’improvviso, non l’ho visto più e non avevo capito che fosse caduto lì dentro».

Un volo di 32 metri nel pozzo asciutto di proprietà di famiglia. La fine della caduta in un punto la cui larghezza era di appena 25 centimetri.

Scattano i soccorsi, arrivano i vicini, poi tutto il villaggio, tanti i volontari che si danno da fare. Un vicino di casa mingherlino tenta di calarsi con una corda. Il pozzo però a un certo punto si restringe e si riesce solo a far scendere un telefonino con la telecamera accesa. È vivo, si lamenta, chiama la mamma.

Il giorno dopo, mentre arriva la Protezione civile, con un tubo si fa arrivare a Rayan l’ossigeno, l’acqua, qualcosa da mangiare: è provato ma vigile, i volontari continuano a parlagli.

Si decide di provare a scavare un tunnel parallelo: 5 escavatori lavorano tutta la notte per creare una voragine e tentare di raggiungere Rayan con un corridoio orizzontale.

Venerdì la voragine arriva all’altezza di Rayan, e iniziano i lavori per la costruzione del tunnel, in una disperata corsa contro il tempo scandita dalle difficoltà: le rocce ostacolano le trivelle, il terreno frana.

Nella giornata di oggi, Rayan ha parlato via radio parla con il papà. «Resto fiducioso che mio figlio uscirà vivo da questo pozzo — aveva detto ieri sera il padre di Rayan alla televisione di stato 2M — Ringrazio tutti coloro che si sono mobilitati e coloro che ci sostengono in Marocco e altrove».

Pochi minuti fa, Rayan è tornato alla luce.

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