I successi del più giovane laureato d’Italia o della brillante influencer Carlotta Rossignoli rischiano di restare solo sulla carta. L’Italia è ancora troppo indietro in Europa in termini di occupazione, anche se in tasca si ha una laurea magistrale

In Italia il tasso di occupazione dei laureati tra 25 e 64 anni è all’82,1%, 4,3 punti più basso di quello medio europeo; un gap che sale al 6,8% tra i 30-34enni. È questa la fotografia dell’occupazione nel nostro Paese in base ai più recenti dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) che si riferiscono al 2021.

Per dirla tutta, la brillante neolaureata ed influencer Carlotta Rossignoli, con il suo percorso senza sosta e all’insegna del non “perdere tempo” neppure per dormire, potrebbe non essere poi così lanciata nel mondo del lavoro, almeno non nel settore della laurea che ha conseguito all’università Vita e Salute del San Raffaele. Laurea magistrale in Medicina e Chirurgia che, ha fatto sapere l’ateneo, non è stata conseguita in cinque anni “ma nel corso del primo semestre del sesto anno, anziché al termine dello stesso, opzione questa che ogni studente di UniSR ha il diritto di chiedere, previo conseguimento di tutti i crediti formativi previsti e avendo svolto i tirocini obbligatori anticipatamente”. Una corsa dunque, quella della Rossignoli, un po’ meno sprint rispetto a quanto circolato sulla stampa, ma certamente degna di nota.

La storia di Nicola Vernola: il più giovane laureato d’Italia

Ben diverso appare il percorso del più giovane laureato del nostro Paese: il 20enne Nicola Vernola, dottore in Giurisprudenza all’Università Luiss che, a inizio ottobre, ha discusso una tesi sulla neutralità dell’Iva e le sue concrete applicazioni. Un tema complesso per un ‘cervello’ da conservare. “Lo studente ha scelto il profilo societario e tributario, ha seguito il corso con profitto riportando ottimi voti e ha seguito con molta velocità le indicazioni che gli abbiamo fornito per la redazione della tesi”, ha commentato Livia Salvini, sua docente di diritto tributario. Barese, figlio di due avvocati, ha iniziato la scuola a 5 anni e l’università a 16 e mezzo: un vero prodigio, nessuno prima di Nicola ci era mai riuscito.

La laurea vale ancora?

Nella popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni il tasso di occupazione aumenta tra il 2020 e il 2021 (65,6%, +0,8 punti) sottolineando un miglioramento che è più accentuato proprio per chi ha un titolo di studio terziario, quindi la laurea (+1,7 punti contro lo +0,5 dei livelli di istruzione medio-bassi). Istat rileva come nel corso del 2020, l’occupazione dei laureati ha subito l’impatto più contenuto della pandemia; il titolo di studio più elevato ha avuto infatti un ruolo protettivo durante la crisi e ha facilitato la ripresa occupazionale successiva.

Il divario con l’Europa

Sempre stando ai dati Istat, i laureati italiani hanno però meno prospettive occupazionali rispetto al resto agli altri Paesi. Nel 2021, il tasso di occupazione dei 30-34enni laureati è pari all’81,1% contro un valore medio dell’Ue dell’87,9%: una differenza di circa sette punti che si riducono a quattro per i laureati della fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni. Il divario con l’Europa si riacutizza però tra i diplomati della fascia 30-34 con un tasso di occupazione che è pari a 68,4% in Italia e a 79,8% nella media Ue. L’istituto di statistica evidenzia come il mercato del lavoro italiano sembri “assorbire con difficoltà e lentezza il capitale umano, anche quello rappresentato dai giovani adulti in possesso di una qualifica o un diploma secondario superiore”.

La piaga dell’abbandono: quando non si porta a compimento il percorso di studi

Come noto, l’abbandono scolastico ha gravi ripercussioni sulla vita dei giovani e sulla società in generale. Il fenomeno, spiega l’Istat, è monitorato a livello europeo attraverso la quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Early Leavers from Education and Training, ELET). Questo indicatore è stato uno dei benchmark della Strategia Europa 2020 che fissava il target europeo al 10%, abbassato al 9% per il 2030 nel nuovo Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione. Anche in questo caso, l’Italia è sul fondo della classifica, con una quota di 18-24enni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione che tocca il 12,7%, per un totale di 517mila giovani. La quota di ELET resta, dunque, una delle più alte d’Europa e inferiore solo a Spagna e Romania.

L’abbandono precoce degli studi è un tema di grande importanza per il progresso dell’intera Europa. Eurostat, infatti, ha pubblicato di recente uno studio che fornisce statistiche sull’istruzione e la formazione nell’Unione europea incentrata su diversi settori: partecipazione all’istruzione, mobilità per l’apprendimento, personale educativo, finanziamento dell’istruzione, apprendimento delle lingue e molti altri punti.

L’Ufficio statistico dell’Ue rileva come esistano enormi differenze tra i vari Paesi e come tassi di occupazione più elevati siano stati riscontrati nei Paesi Bassi (93,1%) e in Germania (91,3%). I tassi di occupazione più bassi sono stati riscontrati, invece, proprio in Italia (57,9%) e Grecia (60,1%). La laurea, come noto, garantisce una migliore e più rapida occupabilità. Nel 2021, infatti, il tasso di occupazione dei neolaureati era pari o superiore al 90% nei Paesi Bassi, Malta, Germania, Estonia, Lituania, Ungheria, Slovenia, Svezia, Finlandia, Austria, Irlanda e Lettonia. Sotto l’80% c’erano Grecia, Italia e Spagna.

Quali prospettive per i laureati italiani

Se gli anni della crisi 2008-2014 hanno fatto registrato un deterioramento dell’occupazione giovanile, la crescita osservata a partire dal 2015, e nonostante l’impatto della pandemia di Covid-19, prosegue e nel 2021 evidenzia una ripresa della transizione dallo studio al lavoro. Un miglioramento che, come già detto, diventa significativo solo guardando ai laureati, sia uomini che donne e in particolar modo del Centro e nel Mezzogiorno. Per i laureati italiani infatti, spiega ancora l’Istat, il tasso di occupazione aumenta di 3,7 punti, il tasso di disoccupazione scende di 2,4.

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