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NON TUTTO IL NUCLEARE VIENE PER NUOCERE – IL SUCCESSO DEL TEST DELLA PARTECIPATA DI ENI, “CFS”, SULLA FUSIONE A CONFINAMENTO MAGNETICO È IL PRIMO PASSO PER AVERE ENERGIA PULITA E VIRTUALMENTE INESAURIBILE – IL CANE A SEI ZAMPE È IL PRIMO AZIONISTA DELLO SPIN OFF DEL MIT, E TRA I SOCI CI SONO ANCHE JEFF BEZOS E BILL GATES. MA LA STRADA È ANCORA LUNGA: IL PRIMO IMPIANTO SPERIMENTALE VEDRÀ LA LUCE NEL 2025 E SOLO NEL 2031 LA TECNOLOGIA SARÀ DISPONIBILE…

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1 – LA PARTECIPATA DI ENI “CFS” HA CONDOTTO CON SUCCESSO IL PRIMO TEST DI UN SUPERMAGNETE CHE DOVREBBE RIUSCIRE A CONTENERE E GESTIRE LA FUSIONE NUCLEARE DI DEUTERIO E TRIZIO. ENTRO IL 2025 ARRIVERÀ IL PRIMO REATTORE E NEL PROSSIMO DECENNIO SARÀ IN GRADO DI PRODURRE ENERGIA

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/chi-prova-sole-non-lascia-piu-eni-ha-annunciato-che-sua-282157.htm

 

cfs commonwealth fusion systems cfs commonwealth fusion systems

2 – MINI NUCLEARE, SUCCESSO PER LO SPIN OFF DEL MIT ENI PRONTA AL RILANCIO: «RESTEREMO PROTAGONISTI»

Matteo Meneghello per “il Sole 24 Ore”

 

Energia pulita e virtualmente inesauribile. Eni compie un primo passo in avanti concreto verso l’avvio dell’industrializzazione del processo di fusione a confinamento magnetico, «lo stesso processo – sintetizzano dal gruppo di San Donato – che sta alla base della generazione di energia nel Sole e nelle stelle».

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L’annuncio dei primi risultati su questo fronte arriva da Cfs (Commonwealth fusion system), spin off del Mit di cui Eni è principale azionista dal 2018, iniziativa che ha raccolto più di 200 milioni di dollari, di cui 84 in un series A2 dell’anno scorso, da un panel di investitori che comprenderebbe, seppure con una quota minima, anche Bill Gates e Jeff Bezos. La società ha condotto il primo test al mondo del magnete con tecnologia superconduttiva Hts, creando le condizioni per confinare il plasma nei futuri reattori.

 

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Il cammino è ancora lungo: il primo impianto sperimentale vedrà la luce nel 2025 e solo nel 2031 la tecnologia sarà disponibile. Ma in Eni c’è grande aspettativa per lo sviluppo della tecnologia proprietaria e della piattaforma creata dal Mit, nel quale il gruppo di San Donato è intenzionato a mantenere un ruolo rilevante anche nei successivi step di crescita del progetto.

 

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«Lo sviluppo di tecnologie innovative è uno dei pilastri su cui poggia la strategia di Eni volta al completo abbattimento delle emissioni di processi industriali e prodotti, nonché la chiave per una transizione energetica equa e di successo – spiega l’amministratore delegato, Claudio Descalzi -.

 

Per Eni la fusione a confinamento magnetico occupa un ruolo centrale nella ricerca tecnologica finalizzata al percorso di decarbonizzazione, in quanto potrà consentire di disporre di grandi quantità di energia prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile e senza emissione di gas serra, cambiando il paradigma della generazione di energia. Il risultato ottenuto durante il test dimostra l’importanza strategica delle nostre partnership di ricerca e consolida il nostro contributo allo sviluppo di tecnologie game changer».

 

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«Il test – spiega Francesca Zarri, Director Technology, R&D & Digital del gruppo di San Donato – è il primo dei tre pilastri previsti dalla road map del progetto verso l’industrializzazione. Abbiamo dimostrato che è possibile generare il campo magnetico più elevato possibile e in grado di contenere il plasma che un domani genererà l’energia dal processo di fusione.

 

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Il prossimo step, nel 2025, prevede la realizzazione di Sparc, un primo impianto sperimentale a produzione netta di energia e successivamente quella del primo impianto di taglio industriale, Arc». Una volta in produzione, gli impianti «avranno dimensioni paragonabili a quelle di una centrale a gas – spiega -, con turbine standard, allacciate a un’infrastruttura elettrica, senza particolari complessità infrastrutturali».

 

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La differenza è rappresentata dal combustibile: «una quantità pari a una bottiglietta da mezzo litro basterà ad alimentare per un anno una centrale da 150-200 Mw» spiega Zarri. Il gruppo Eni, attraverso Eni Next, è il maggiore azionista del progetto, nel quale ha versato 50 milioni di dollari in un primo round del 2018, somma alla quale è seguita la quota relativa al successivo round di finanziamento (gli altri principali sostenitori sono Temasek , Equinor, Devonshire partners, Breakthrough Energy, The Engine, Future Ventures, Hostplus, Khosla, Moore Strategic, Safar Partners, Schooner Capital, Starlight): «ci abbiamo creduto, abbiamo lavorato per introdurre un approccio industriale in un test puramente scientifico – aggiunge la manager del gruppo di San Donato-. Il nostro interesse è rimanere protagonisti all’interno della compagine, portando il progetto fino in fondo».

 

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In parallelo, Eni sta lavorando anche con Enea al progetto Dtt per l’ingegnerizzazione e la costruzione di una macchina Tokamak (una «ciambella» ottenuta assemblando magneti superconduttori) dedicata alla sperimentazione di componenti che dovranno gestire le grandi quantità di calore che si sviluppano all’interno della camera di fusione: «è già attiva una supply chain italiana per questo progetto – conclude Zarri -, che in futuro si potrà ulteriormente sviluppare. Da questo punto di vista Eni può far leva su un buon posizionamento».

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Redazione Dagospia

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