ZAN ZAN! LA RECENSIONE BY BARBARA COSTA DEL LIBRO DEL DEPUTATO PD, PADRE DEL DISEGNO DI LEGGE CONTRO L’OMOTRANSFOBIA – IN QUESTO PARLAMENTO “È STATISTICAMENTE IMPOSSIBILE CHE I GAY SIANO SOLO QUATTRO” (TOMMASO CERNO, BARBARA MASINI, IVAN SCALFAROTTO, E LO STESSO ZAN). E CHI SARÀ MAI IL DEPUTATO DELLA LEGA UFFICIALMENTE ETERO CHE A MYKONOS SI BACIAVA CON UN UOMO? – L’ATTACCO A CHI, TRA I SUOI COLLEGHI PARLAMENTARI, “EQUIPARA I GAY AI PEDOFILI”
Barbara Costa per Dagospia
E già, chi sarà mai il deputato della Lega ufficialmente etero, che Alessandro Zan ha incontrato a Mykonos? Leghista etero che si baciava con un uomo. Questo leghista è ferocemente anti legge Zan, non solo vota contro, ma innalza “cartelli particolarmente aggressivi”, irridenti i gay (p.62).
Tutto questo Alessandro Zan lo scrive, in “Senza Paura” (Piemme, dal 14 settembre) e aggiunge pure che in questo Parlamento “è statisticamente impossibile che i gay siano solo quattro” (p.61), e sono Tommaso Cerno, Barbara Masini, Ivan Scalfarotto, e lo stesso Zan, perché lì “è pieno di omosessuali nascosti, repressi, in conflitto con la propria identità e con quella degli altri”(p.89). Peccato che Zan non possa farne i nomi: chissà quanti politici lui conosce, e di ogni partito, che sono l’opposto di quello che a noi popolo elettore mostrano.
Però in “Senza Paura” Alessandro Zan senza paura lo scrive, che “l’Italia è un Paese che racconta bugie a se stesso” (p.11), aperto ma di facciata, solidale sì ma a parole.
Il deputato Pd ci interroga e si interroga, a partire dalla sua esperienza più personale, da suo padre, per la cui educazione è stato faticoso, complicatissimo, capire e accettare l’omosessualità del figlio. Ma il problema non è affatto la famiglia, bensì la sua deriva patriarcale: “Il patriarcato è una macchina di infelicità collettiva”, attacca Zan, “e al di là di ogni alibi, l’Italia rimane un paese patriarcale, in cui aspettative, ruoli, prerogative sono dentro quella ‘sceneggiatura’ ”(p.12). E Zan con le sue battaglie, e con questo suo libro, vuole “provare a mettere a nudo l’identità ancora machista ed etero-normativa di questo paese”(p.13). Se l’autorità patriarcale da tempo ha dato prova dei suoi limiti (per i colpi gli hanno dato e danno le lotte delle donne), è oggi messa a dura prova dal confronto con le nuove famiglie – non etero, mono-genitoriali e poli-genitoriali – che non son migliori o con meno problemi di quelle “tradizionali”: semplicemente alla radice si sono risolte in sessualità per genere e orientamento altre dall’etero.
Queste nuove famiglie sono viste e pensate come diverse. Da chi, o cosa? Cos’ha di diverso un figlio cresciuto da due vagine, due peni, una sola vagina, un solo pene, o più vagine o peni in esistenze poli? Sono questi i bambini che già giocano, vanno a scuola, fanno sport con chi nasce e cresce in una famiglia composta da un pene e una vagina eteri. Pagine del libro di Zan riportano storie di famiglie etero che cacciano i figli per loro divenuti “un castigo di Dio” (p.7) e sono i figli che non amano più perché sono figli non etero. Sono i figli che riempiono le case Arcobaleno che li accolgono, figli che i genitori vorrebbero sì indietro, a casa, da loro, a patto che ridiventino “normali”.
Scrive Zan: “L’Italia è il Paese d’Europa con il più alto tasso di omicidi trans” (p.12). A che tipo di Paese parla il ddl Zan fermo al Senato? Un Paese dove “se uno esce dal ruolo assegnatogli dal patriarcato è una persona sbagliata” che deve giustificare agli etero chi è. Un Paese che “ripete ossessivo ai LGBT+ che i veri problemi sono altri, e che le leggi che li proteggono già ci sono”. Gli LGBT+ non devono scocciare, devono accontentarsi e aspettare?
In risposta Zan, ricorda tutti i tentativi negli anni passati di varare una legge simile alla sua, e tutti tentativi andati a vuoto: nella legge Mancino del 1993 si è infatti provato a inserire i diritti LGBT+, ma non si è riusciti. Si è due volte fallito sotto il governo D’Alema. Ci ha ritentato Franco Grillini nel 2006, nel 2011 Paola Concia, nel 2013 “col ddl Scalfarotto, che si è infilato in un vicolo cieco”. Zan ricorda le polemiche col “dottor Purtroppo” ovvero il premier Giuliano Amato per lo svolgimento del Gay Pride, a Roma, nel 2000, l’anno del Giubileo: Amato che si dichiarava “personalmente contrario, ma ‘purtroppo’ c’è la Costituzione a garantirlo”.
E Zan è ben più severo nel raccontare che ancora oggi, e ancora e pure tra i suoi colleghi, “c’è chi equipara i gay ai pedofili”, e ci sono accuse gravissime, “omofobe e insultanti, che abbiamo dovuto ascoltare dentro una stanza del Parlamento”. È proprio questa impunità di offesa che gran parte del mondo LGBT+ non tollera più. Come non tollera più “l’eterna reincarnazione di quella frase tossica, ormai buona solo per essere derisa, «premetto che ho tanti amici gay», usata come una clava per continuare a discriminare indisturbati” (p.97). Tra le ragioni di chi non approva la legge Zan, lo abbiamo letto e sentito da più parti, c’è che non rispetterebbe la libertà di opinione. Ma Zan nel suo libro (p.117) chiarisce che “l’art. 4 della legge fa salva la libera espressione del pensiero”.
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Alessandro Zan sprona a un coraggio che manca, a un coraggio al quale non si è stati educati. Rivela che tra i banchi parlamentari, ma sottovoce, ma in privato, tanti colleghi gli riferiscono che sono pressati dai loro figli affinché si approvi questa legge. Per questi giovani la realtà è “diversa” perché è variopinta, molteplice e paritaria in identità. Per loro è implicito, stra-provato, che un coming-out è una liberazione, ma pure un detonatore di energie.
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Nessuna grande battaglia è stata vinta in un colpo solo. Nessuna legge è perfetta e nessuna legge, per quanto giusta, potrà definitivamente sconfiggere omofobia e violenza. Gli anticorpi sono educativi, e sono culturali. Ogni legge crea dibattito, e crea cultura. Sul serio e quanto e per quanto ancora si può mediare sui diritti e sulla dignità delle persone?
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