Maria Luisa Agnese per il “Corriere della Sera”
«L’ho fatto per promuovere il Sud, la mia idea era: torno qui e promuovo Napoli, faccio vedere come può essere splendida». Era partita con grande entusiasmo e speranzosa curiosità Januaria Piromallo quando è entrata nella troupe di Real Housewives di Napoli , versione in salsa partenopea del fortunato reality che racconta vita quotidiana e rivalità delle casalinghe affluenti declinate in diverse città del mondo.
D’altra parte Januaria fa la giornalista di costume sul Fatto quotidiano.it , è nata a Napoli da antica dinastia – il nome completo sarebbe Donna Marchesa Januaria Piromallo Capace Piscicelli di Montebello di Capracotta – e frequenta il mondo internazionale. È vero che Januaria entrava nella serie come sostituta di Noemi Letizia ex Papy girl, e che le sue compagne di strada erano un gruppo variopinto di signore all’arrembaggio, ma a Januaria, che si è sempre mossa fra trash e nobiltà, piacciono le sfide forti anche se sgarrupate, e ci ha provato.
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Presto si è trovata però a nuotare in ambiente ostile e faticoso e ora la sua avventura – la nuova stagione in onda su Discovery dal 11 settembre – sta finendo con una denuncia per molestie al regista della serie. Dalle stelle alle stalle. Più che una delusione. «Mi sono trovata a galleggiare in mezzo a vipere e quello ci sta, può far parte del copione, ma il sassolino che ha fatto precipitare tutto è stato l’atteggiamento del regista Marco Mannes, ex attore, ex doppiatore poi promosso sul campo, che faceva battute sessiste pesanti e pecorecce, e non le sussurrava in un orecchio, ma davanti ad altri testimoni.
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È un uomo temperamentoso che impone il suo potere: giravamo a Capri, io ero vestita Pucci con una parrucca di Hermès e mi annunciano che dovevamo andare nella villa di Rocco Barocco. Subito dico vado a cambiarmi perché non posso andare a casa di uno stilista con il vestito di un altro. E lui mi intima: tu qui fai quello che dico io, tu non decidi niente. Anche se la piazzata in Piazzetta è stata più colorita. Alla fine ha detto alla produzione: O lei o me…».
Ma la denuncia per molestie?
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«Ero molto indecisa, ho scritto delle molestie alla produttrice Fatma Ruffini ma non ho ricevuto fino ad oggi risposta, presto ho capito di non essere creduta, bastava una lettera di scuse dal regista. Invece no, mi rispondono allontanandomi dalle registrazioni successive. A quel punto non potevo far finta di niente nel momento epocale del me-too. E poi la molestia verbale spesso è ancora più fastidiosa quando capisci che ti vuole soggiogare e tu non devi fare altro che tacere.
Quante volte abbiamo taciuto, per anni, stampandoci un sorrisetto in faccia, di fronte a questo genere di battute. Adesso basta. Temevo però i Carabinieri mi avrebbero detto: signora cosa vuole, sono apprezzamenti verbali, cose così. Poi mia figlia Tiare che ha 21 anni mi ha detto: mamma, devi correre a denunciare, fallo per me, per la nostra generazione. E così mi sono fatta il regalo per il mio compleanno e alle 13,08 del 28 maggio entravo nella stazione di largo Ferrandina a Napoli dove ho presentato la denuncia, e ho trovato orecchie sensibili».
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La vita sul set di Real Wives non è stata facile.
«Mi avevano detto devi essere te stessa, raccontare la tua giornata, i tuoi vernissage, i tuoi libri, visto che stava per uscire Loro di Monte di Dio, con prefazione di Erri De Luca… e invece il flirt si è interrotto dalle prime riprese quando siamo dovuti andare su una barca a buttare i pezzi di uno specchio rotto a mare, perché altrimenti avrebbe portato sfortuna.
Peggio è andata quando ho visto la prima puntata a maggio dove una delle altre signore, Maria Consiglio Visco (ora si fa chiamare duchessina di Marigliano del Monte senza averne i titoli), esordiva mimando l’atto del vomitare con gesto sonoro appellandoci le orride, la blatta, la pipistrello ridens e la plasticosa, di me diceva: “Januarone un solo neurone in testa e si fa fatica a cercarlo”.
Ho chiesto che l’insulto venisse tolto e aspetto ancora. Per partecipare a un reality ci vuole un avvocato, che si legge e rilegge ogni clausola di contratti e liberatorie scritte in legalese. Per esempio una clausola chiedeva che acconsentissi all’uso della mia immagine tramite “mezzi televisivi attuali e di futura invenzione”…».
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Dispetti e dispettucci, prevedibili.
«Non solo. A noi signore ci hanno fatto lavorare gratis, mentre la mia amica storica, la contessa LuAnn de Lesseps, la star di Real Wives of New York City, tredici stagioni, mi ha detto che là anche l’ultima arrivata guadagna 300 mila dollari a stagione. Qui in Italia in cambio del lavoro gratis ci promettevano che sarebbero arrivati ritorno di immagine e contratti con gli sponsor».
Bilancio di questa avventura?
«Sto preparando un pamphlettino, ho già il titolo Te lo do io il reality. Tutto quello che nessuno vi ha mai detto, con audiovisivo curato dal gruppo Fuss Kk. Il libro lo faccio con Sergio Brancato, sociologo alla Federico II di Napoli, anche lui curioso del trash. Sappiamo che il vero reality è quello dietro le quinte, ma purtroppo non va in onda, dunque lo racconto. Speriamo che alla fine da tutto questo ne esca qualcosa di intelligente, come cantava De Andrè: “Dal letame nascono i fior”. Almeno ne sarà valsa la pena, per non uscirne, come diremmo a Napoli, cornuta e mazziata».
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