È stato presentato il piano della Commissione europea per ridurre il consumo di gas, limitando rischi e costi in caso di un’interruzione più estesa nella fornitura dalla Russia. Riaprendo al carbone come fonte alternativa. In Italia si registrano già i primi aumenti di produzione, ma Greenpeace lancia l’allarme inquinamento.
La Commissione europea ha presentato lo scorso 20 luglio il piano per ridurre l’utilizzo del gas nell’Unione. L’obiettivo di “Save gas for a safe winter” (Risparmiare gas per un inverno sicuro, ndt) è la riduzione, da parte dei Paesi membri, del 15% della domanda di gas, su base volontaria, nel periodo che va dal primo agosto 2022 al 31 marzo 2023. Ridurre il consumo di gas ora e sostituirlo con altre fonti energetiche permetterà, secondo il piano, di costituire riserve di gas per un inverno sicuro, anche in caso di blocco più pesante sulle importazioni dalla Russia.
Secondo i dati dell’Ue, dodici Stati membri, tra cui l’Italia, sono in sofferenza sulle forniture di gas russo che, a giugno 2022, risultavano del 30% sotto la media degli ultimi cinque anni. Il piano della Commissione punta a una riduzione della domanda che può aiutare a raggiungere i target relativi allo stoccaggio di gas, con gli impianti riempiti all’80% della capacità entro il primo novembre, riducendo le pressioni del mercato.
Con il piano entra in gioco anche la possibilità di dichiarare lo stato di allarme dell’Ue, se gli obiettivi di riduzione volontaria della domanda non fossero sufficienti a evitare l’insorgenza del divario tra domanda e offerta. In quel caso, la Commissione europea potrebbe imporre un obiettivo vincolante di riduzione agli Stati membri.
Ridurre la domanda di gas: come?
Se l’obiettivo è definito, quali sono le indicazioni dell’Unione sulle azioni che i Paesi membri possono mettere in campo per ridurre la domanda di gas? Oltre a misure come l’abbassamento del raffrescamento – e del riscaldamento nei mesi invernali –, la Commissione indica il ricorso a fonti di energia alternative. Da privilegiare, il passaggio alle energie rinnovabili e alle opzioni più pulite, ma – si legge nella nota diffusa dalla Commissione – “potrebbe essere necessario fare temporaneamente affidamento sul carbone, sul petrolio o sul nucleare, a patto di evitare la dipendenza a lungo termine dal carbonio”.
Un’indicazione che stride con la strada indicata verso la transizione energetica e l’eliminazione graduale (phase-out) del carbone, con obiettivi diversi per i Paesi europei: vicini per Francia e Italia, 2024 e 2025, più in là per la Germania, 2038. In Germania, nel 2020, il carbone pesava per il 15,6% nel mix energetico nazionale (3,5% per l’Italia).
Il carbone in Italia: il quadro
Il Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) ha fissato al 2025 il phase-out della generazione da carbone nel nostro Paese, promuovendo il ricorso sempre più ampio a fonti energetiche rinnovabili, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione. Ma l’aggressione russa all’Ucraina ha cambiato le carte in tavola. Il carbone è tornato di moda, e non solamente in Italia.
Qual è la situazione da noi? Le centrali a carbone attualmente in funzione in Italia sono sei: quattro di Enel (Fusina, Civitavecchia, Brindisi sud e Sardegna), una di EP Produzione sempre in Sardegna e una di A2A a Monfalcone. Quest’ultima, dopo un lungo periodo di fermo, è stata riattivata temporaneamente nei mesi scorsi per far fronte all’emergenza energetica.
Fermata invece definitivamente, a fine 2021, un’altra centrale di Enel a La Spezia per la quale si era parlato, nei mesi scorsi, di una possibile riaccensione, non avvenuta. Secondo i dati operativi del primo semestre 2022, pubblicati da Enel il 21 luglio, la produzione di carbone del Gruppo in Italia è più che raddoppiata rispetto ai primi sei mesi del 2021, passando da 4015 a 8262 gigawattora.
L’utilizzo più intenso delle centrali a carbone, intrapreso negli ultimi tempi e, di fatto, avvantaggiato, seppur temporaneamente, dal piano europeo di sicurezza energetica, riaccende le discussioni. Tra le associazioni ambientaliste, negativo il commento di Greenpeace Europa. “Ci aspettavamo che la Commissione europea presentasse un piano di riduzione dei consumi energetici equo per tutti, quello che abbiamo ottenuto è il via libera per le industrie per tornare a fonti di energia non sostenibili come petrolio e carbone”.