Il presidente degli Stati Uniti ha fatto sapere di aver raggiunto un accordo con i Repubblicani grazie al quale si eviterà un “default catastrofico”. L’intesa, che verrà finalizzata nei prossimi giorni, deve essere ora approvata dalle Camere. Solo allora, il rischio sarà ufficialmente scampato.
“Io e lo Speaker della Camera McCarthy abbiamo raggiunto un accordo di principio sul bilancio. E questo accordo è una buona notizia per il popolo americano, perché evita quello che avrebbe potuto essere un default catastrofico e che avrebbe portato a una recessione economica, alla distruzione dei conti pensionistici e alla perdita di milioni di posti di lavoro”. Nella serata americana, quando in Italia era notte, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha confermato le indiscrezioni di stampa in base alle quali c’era un’intesa tra le parti per alzare il tetto del debito ed evitare così lo spettro del fallimento.
Cosa c’è nell’accordo
Biden non ha detto cosa prevede l’accordo ma lo ha definito definito l’intesa “un importante passo avanti che riduce la spesa, proteggendo al contempo i programmi critici per i lavoratori e facendo crescere l’economia per tutti”. Ha anche sottolineato che è un compromesso e che bisogna ancora lavorarci. “Nei prossimi giorni, i nostri team di negoziatori finalizzeranno il testo legislativo e l’accordo sarà trasmesso alla Camera e al Senato degli Stati Uniti”, ha precisato.
Il repubblicano McCarthy ha invece fatto sapere che non prevede nuove tasse ma include “riduzioni storiche della spesa, riforme che solleveranno le persone dalla povertà e dalla forza lavoro”. Secondo quanto si apprende, l’accordo alzerà il tetto del debito per due anni, evitando ulteriori stalli fino a dopo le elezioni presidenziali del 2024.
Cosa è il tetto al debito
Il debt ceiling è la massima quantità di denaro che il governo statunitense può prendere in prestito sui mercati. Tenere sotto controllo il debito pubblico di uno Stato serve a evitare che sia troppo alto per essere rimborsato. Il patto di stabilità e crescita, di cui si sta molto discutendo in questi mesi a livello europeo, serve proprio a questo. Tornando agli Stati Uniti, fino al 1917 il Congresso doveva approvare ogni indebitamento. Con l’aumento della spesa a causa della prima guerra mondiale, fu stabilito un tetto oltre il quale bisogna chiedere l’autorizzazione al Congresso, che è formato da due organi: il Senato (ora a maggioranza democratica) e la Camera dei Rappresentanti (ora controllata dai repubblicani).
Gli Stati Uniti hanno già raggiunto il tetto al debito
Il tetto al debito è già stato raggiunto il 19 gennaio, ma il Dipartimento del Tesoro statunitense si è servito finora di alcune “misure straordinarie” per continuare a pagare gli stipendi e gli interessi a chi ha prestato denaro agli Usa. Più nello specifico, è riuscito a far fronte ai pagamenti usando la cassa di alcuni fondi di investimento dei dipendenti pubblici. Già nei giorni scorsi, Janet Yellen aveva però fatto sapere che non si poteva continuare su questa linea ancora per molto e che il 5 giugno ci sarebbe stato il default se il Congresso non avesse alzato entro quel limite il tetto del debito. Questo rischio tecnicamente c’è ancora, motivo per cui Biden ha invitato caldamente entrambe le Camere a vagliarlo quando arriverà il momento. Il voto potrebbe svolgersi già mercoledì.
Cosa accade in caso di default
La Costituzione americana nel 14esimo emendamento prevede che “la validità del debito pubblico degli Stati Uniti, autorizzato dalla legge […] non può essere messa in discussione“. I giuristi non sono concordi nell’interpretarlo. La norma fu inserita dopo la guerra civile per tranquillizzare: il governo avrebbe pagato i suoi debiti, a differenza di quanto fatto da alcuni Stati confederati del Sud. Guardando ancora alla storia, già nel 2011 gli Stati Uniti andarono molto vicini al default: l’allora presidente Barack Obama acconsentì in extremis a limitare la spesa dello Stato in cambio dell’ok della Camera dei Rappresentanti, anche allora controllata dai Repubblicani, ad aumentare il tetto al debito. Il rischio di un’insolvenza fece però crollare lo Standard&Poor 500 – uno dei principali indici di borsa al mondo – del 15%. I risparmiatori persero soldi, le aziende ci rimisero e il debito americano fu declassato da Standard & Poor’s, una delle principali agenzie di rating al mondo. Ci fu insomma una crisi di fiducia: la parola chiave per far funzionare un’economia.
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Perché i rischi di default possono diventare più frequenti
Uno scenario simile si ripete a 12 anni di distanza. Come nel 2011, anche questa volta il presidente degli Stati Uniti è un democratico e la Camera dei Rappresentanti è controllata dal Partito Repubblicano. Lo scontro è inoltre arrivato a poco più di un anno dalle elezioni previste per il 2024, coi democratici che vogliono evitare tagli al welfare e i repubblicani che sostengono che la valanga di denaro messa in circolazione dalle politiche del governo Biden abbia fatto crescere l’inflazione.
Il rischio è che su questo tema la politica americana diventi sempre più spesso un gioco del pollo: due auto vanno verso un burrone e chi frena per ultimo perde. Anche perché le distanze tra i due partiti stanno aumentando sempre più. A perderci sarebbero gli americani e, di conseguenza, tutti gli abitanti della Terra: un default sarebbe “catastrofico“, ha detto l’analista Calvin Norris al New York Times.