Degli oltre 41mila minorenni arrivati nel nostro Paese dall’Ucraina, circa 3.900 sono non accompagnati. Il Piano Minori messo a punto per far fronte all’emergenza umanitaria in corso dispone una serie di requisiti che impediscono alle migliaia di zie, nonne o parenti di qualsiasi altro tipo di vedersi riconosciuto lo status di tutore legale dei minori che hanno portato con sé scappando dall’Ucraina. Questo è quello che hanno vissuto in prima persona anche Viktoria e Kira. Abbiamo raccolto la loro storia: zia e nipote arrivate in Italia ad aprile e ospitate insieme ad altre sei ucraine da una coppia di Biella. Una delle tante famiglie che in questi mesi hanno aperto le loro case ai rifugiati ucraini, nonostante le numerose difficoltà burocratiche.
Da due a dieci persone sotto lo stesso tetto. È quello che è successo a Sauro e Svitlana, una coppia di Lessona, in provincia di Biella, che dopo lo scoppio della guerra ha aperto le porte della propria casa a otto rifugiate. Tra di loro c’è anche Kira, che ha 15 anni ed è una degli oltre 3mila e 900 minori non accompagnati provenienti dall’Ucraina arrivati in Italia in questi mesi. Kira è arrivata insieme a Viktoria, che è scappata dal Paese sotto assedio portando con sé anche le sue due figlie e le due nipoti del suo ex marito. In base alle disposizioni normative in vigore, Viktoria non poteva essere riconosciuta però tutore della 15enne.
Minori non accompagnati: cosa dice la legge Italia
La storia di Vikoria e Kira è solo l’esempio di quanto vissuto in questi mesi dalle migliaia di donne che sono arrivate in Italia portando con sé bambini o adolescenti.
L’alta percentuale di minori indicati come “non accompagnati” tra quelli arrivati nel nostro Paese dipende anche dai requisiti richiesti dalla legge italiana affinché si possa ottenere lo status giuridico di tutore legale. Il Piano Minori, messo a fine marzo e poi aggiornato il 13 aprile e il 5 maggio, prevede infatti che sia considerato non accompagnato anche il minore che arriva insieme a un adulto diverso da un genitore, ovvero un adulto che, pur occupandosi della loro assistenza, non è formalmente riconosciuto come tutore secondo la legge italiana. In questi casi, proprio come è successo a Kira, i Tribunali per i minorenni nominano un tutore istituzionale (per esempio il sindaco del Comune) o un tutore dall’elenco dei “tutori volontari”.
Un tetto per dieci
Quella di Sauro e Svitlana è una storia di solidarietà silenziosa, fatta di altruismo e generosità disinteressati. “Sono contento di raccontare la nostra storia, ma non sono io il protagonista”, dice Sauro. “Le persone che meritano la nostra attenzione sono loro, tutte queste donne che si sono messe in viaggio per scappare dalla guerra e salvare i più piccoli“. Le prime ad arrivare a casa sua sono state le due figlie e la sorella di sua moglie Svitlana, in Italia ormai da molti anni, ma nata e cresciuta in Ucraina.
“Quando è scoppiata la guerra, io e il mio ragazzo siamo scappati da Dnipro, dove vivevamo, e siamo andati a casa di mia zia, che vive a Horišni Plavni, nella regione di Poltova, proprio nel centro dell’Ucraina”. L’idea iniziale, racconta Elena, 31 anni, era di rimanere in Ucraina nella speranza che le cose si risolvessero nell’arco di qualche settimana. “Poi però, quando ci siamo resi conto che la guerra era tutt’altro che prossima alla fine, abbiamo capito che dovevamo prendere una decisione. Così io con mia sorella Anastasia e mia zia Nina siamo salite su un pullman che ci ha portate al confine con la Polonia. Lì Sauro con mia mamma ci hanno raggiunto in macchina e ci hanno accompagnato qui a Lessona”, ricorda Elena.
Dopo quasi un mese, a loro si sono aggiunte Viktoria, cugina di Elena, e le altre quattro giovani, la più piccola di 11 anni. Altre cinque persone che si sono unite alla famiglia già allargata di Sauro: “È stata mia madre ad avere l’idea”, specifica Elena, “Viktoria ha dovuto attraversare 800 chilometri in automobile, però finalmente ora siamo tutte insieme”.
Le difficoltà per un minore non accompagnato in Italia
Elena è serena mentre racconta della loro nuova vita qui in Italia. Soprattutto le più giovani della casa sembrano essersi ambientate molto bene: “Escono, vanno a prendere il gelato, hanno già tanti amici”, racconta la ragazza.
Però non è tutto così semplice, soprattutto per Kira: “Quando sono arrivate – spiega Sauro – ci siamo trovate di fronte a un problema: non essendo sua madre, Viktoria non poteva essere riconosciuta come suo tutore legale. Allora il Tribunale per i minorenni ha nominato un tutore istituzionale, assegnando la funzione a una figura interna al Cissabo, il Consorzio intercomunale dei servizi socio assistenziali del biellese orientale a Cossato”.
“Questa soluzione però ci ha portato a dover affrontare delle difficoltà”. Sauro si riferisce ad esempio alla procedura per ottenere i contributi stanziati dal governo per i profughi ucraini. Si tratta si sostegni economici pari a 300 euro a persona al mese per adulto e 150 euro al mese per ciascun minore. “Quando siamo andati sulla piattaforma dal sito della Protezione Civile ci siamo trovati davanti a un ostacolo: per fare richiesta bisogna inserire il codice fiscale rilasciato con la domanda di permesso di soggiorno. Il tutore di Kira ha invece un codice fiscale italiano che il sistema non riconosce. Per questo motivo quindi non abbiamo ancora potuto presentare la domanda”.