La Corte di Cassazione Penale, Sezione V, nella sua sentenza emessa il 31 agosto 2023 (udienza del 12 aprile 2023), numero 36407, presieduta dal giudice Pezzullo e con relatore il giudice Bifulco, ha rilasciato una decisione importante che affronta la questione della violenza privata nell’ambito dell’intervista giornalistica. Questa sentenza che riguarda un intervista fatta da Luigi Pelazza delle Iene a Guia Soncini (clicca qui per vederla) solleva domande fondamentali sulla linea sottile tra il diritto all’informazione e la tutela della libertà individuale.
La decisione della Corte si concentra sull’elemento oggettivo della violenza privata e se possa essere applicato nel caso di una pressione insistente da parte dell’intervistatore verso l’intervistato. I giudici di legittimità hanno stabilito che la violenza privata può essere configurata quando l’intervistatore esercita una reiterata, insistente e oppressiva pressione sulla persona intervistata attraverso domande invasive, riprese video e posture fisiche, nonostante i tentativi dell’intervistato di sottrarsi a questa pressione. Questo comportamento, secondo la Corte, costituisce una forma di violenza privata “impropria” che si realizza attraverso l’uso di mezzi inusuali.
La sentenza affronta anche la questione della scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca. La Corte ha sottolineato che questa scriminante si applica solo ai reati commessi con la pubblicazione della notizia e non ai reati compiuti per ottenere la notizia stessa. In altre parole, un giornalista può essere escluso dalla responsabilità penale quando pubblica una notizia, ma non quando commette reati nel processo di ottenere la notizia. Un esempio citato nella sentenza riguarda un giornalista che si è introdotto in una struttura medica utilizzando false generalità per raccogliere informazioni per un servizio televisivo.
La Corte ha respinto l’argomento secondo cui la scriminante dovrebbe applicarsi anche ai reati commessi per ottenere la notizia, sostenendo che ciò potrebbe portare a uno sfruttamento eccessivo di questa protezione legale. L’interesse nell’ottenere una notizia non può essere equiparato a valori come la tutela della reputazione o la sicurezza fisica. Quindi, l’acquisizione di informazioni non giustifica comportamenti criminali, anche se mirano a ottenere notizie di pubblico interesse.
In conclusione, la Corte ha sottolineato il carattere di mera eventualità nell’ottenere una notizia e ha sostenuto che la libertà di autodeterminazione individuale deve prevalere su qualsiasi tentativo di ottenere informazioni, persino a fini giornalistici. La sentenza enfatizza che i giornalisti hanno la responsabilità di rispettare la libertà personale delle potenziali fonti e che la ricerca delle notizie non può giustificare il sacrificio della libertà personale. Inoltre, la Corte ha respinto l’idea che i giornalisti possano esercitare un potere inquisitorio superiore persino a quello delle autorità pubbliche quando si tratta di commettere reati per ottenere notizie.
Questa sentenza solleva questioni significative riguardo ai confini dell’etica giornalistica e al rapporto tra il diritto all’informazione e i diritti individuali. Resta da vedere come questa decisione influenzerà le pratiche giornalistiche e il modo in cui i giornalisti cercano di ottenere informazioni in futuro.
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Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa