“Non penso che una donna riuscirà a diventare primo ministro durante la mia vita”, disse Margaret Thatcher alla Bbc qualche anno prima di ricoprire lei stessa quella carica. La “lady di ferro” era probabilmente conscia degli ostacoli che le donne devono affrontare per ricoprire le stesse posizioni dei colleghi uomini e di come una donna alla guida di un Paese fosse una ‘mosca bianca’. A distanza di quasi cinquant’anni da quell’affermazione, il gender gap in politica è ancora molto forte e a ricoprire ruoli di rilievo sono, ancora, soprattutto maschi. Tuttavia il numero delle donne in politica sta crescendo. A parlarci degli scenari possibili è Angela Laurenza, una delle fondatrici di ‘Prime Minister’, la prima scuola di politica e leadership per ragazze in Italia.
Tra un secolo questa discussione sarà solo un ricordo
Centotrent’anni. È la stima del tempo che, secondo l’Entità delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne impiegheremo per raggiungere la parità di genere nelle posizioni di potere più alte. In tutto il mondo al momento sono 21 le donne a capo di uno Stato e, nonostante il loro numero in politica sia aumentato, sono poche quelle a ricoprire posizioni di rilievo.
Quali sono i cambiamenti che dobbiamo mettere in atto in 130 anni affinché ci siano molte più donne a ricoprire posizioni di vertice? Cosa possiamo fare per ridurre questo lasso di tempo?
La scuola di politica per le giovani
Quattro donne stanno già contribuendo al cambiamento puntando sulle nuove generazioni. “La sottorappresentazione delle donne in politica ci ha spinte a creare una scuola apposita, Prime Minister, che coinvolgesse le giovani e che le aiutasse a capire che possono diventare tutto quello che desiderano”, dice Angela Laurenza, una delle quattro fondatrici insieme a Eva Vittoria Cammerino, Denise Di Dio e Florinda Saieva.
La scuola, gratuita e apartitica, nel suo nome racchiude un obiettivo mai raggiunto in Italia, quello di avere una donna come prima ministra. Il percorso all’interno di Prime Minister è parallelo a quello di istruzione superiore e coinvolge qualsiasi ragazza interessata e che voglia mettersi in gioco con attività in laboratorio e incontri con donne che sono di ispirazione per le ragazze.
“I Paesi con donne al potere hanno gestito meglio la situazione pandemica”
Secondo uno studio, i Paesi con donne alla guida (Danimarca e Finlandia, ad esempio) hanno saputo gestire la crisi da Covid-19 in modo più efficace. “Le donne hanno preso misure in modo più veloce, soprattutto quando bisognava spiegare ai cittadini cosa stesse accadendo”, spiega Laurenza.
“Le ragazze con cui lavoriamo fanno parte di una generazione che, fortunatamente, vede i maschi coinvolti e a sostegno delle donne”, dice Laurenza. “Avere il sostegno degli uomini è fondamentale, cosa che per le generazioni precedenti è stato spesso più difficile, oltre al fatto che adesso molti loro coetanei sono più attenti e consapevoli del divario di genere in molti settori”. Aspetto che invece è meno evidente nelle generazioni precedenti le quali, secondo un’indagine raccolta dall’EPRS del 2017, ritengono che la parità di genere sia stata raggiunta in politica. Il 57% degli uomini pensa che la parità di genere sia stata raggiunta, contro il 45% delle donne.
Gli ostacoli e le discriminazioni che le donne devono affrontare solamente per il loro genere è talvolta la causa che le dissuade dall’impegnarsi in politica, perché trovano l‘ambiente troppo tossico. Le politiche sono ancora spesso connotate con aggettivi estetici e, come dice un’altra delle fondatrici, Florinda Saieva, “Le ragazze non sviluppano una necessità politica perché non hanno interlocutori, nessuno gliene parla, neanche a scuola”.
I ministeri italiani raramente affidati alla guida delle donne
Ci sono ministeri che nel corso della storia italiana, da quando l’Italia è diventata una Repubblica parlamentare, sono stati raramente assegnati a figure femminili. Solo nel 2014 il ministero della Difesa è stato guidato per la prima volta da una donna, Roberta Pinotti, e l’unica altra ministra della Difesa fino a ora è stata Elisabetta Trenta. Le prime a invertire la rotta sono state la Finlandia e la Francia che hanno avuto le loro prime ministre della Difesa rispettivamente nel 1990 e nel 2002. “C’è bisogno di un cambio di cultura”, dice Laurenza. “Le ragazze sono interessate in modo trasversale alle tematiche della politica, soprattutto a temi che le riguardano: la sanità, visto il periodo che stiamo vivendo, ma anche la scuola, verso cui sono molto critiche, e i diritti umani e civili.
“Diamo per scontato che una donna debba avere come priorità gli altri e poi se stessa”
Per abbattere il cosiddetto soffitto di cristallo che ostacola le donne nel raggiungimento di posizioni di vertice, Laurenza ritiene che ci sia bisogno di “rendere egualitari i rapporti uomo donna in ogni settore, partendo già dagli equilibri familiari. Nei settori in cui la presenza femminile è molto forte (professioni letterarie o sanitarie, ad esempio) quando esaminiamo i ruoli apicali, notiamo che sono occupati da uomini. Questo succede soprattutto perché le donne devono dedicare parte del loro tempo ad altre attività che vanno dalla casa, ai figli”.
Sono in media cinque le ore che le donne italiane, ogni giorno, dedicano a lavori non pagati occupandosi di attività come l’igiene e l’organizzazione della casa, la cura di bambini e degli anziani. “La pandemia ha esasperato questo aspetto e le donne sono state le più svantaggiate, dovendosi dividere tra lavoro e famiglia. Diamo ancora per scontato che una donna, nonostante occupi un ruolo importante, conquistato nello stesso modo o con maggiore difficoltà di un uomo, debba mettere all’apice delle sue proprietà la famiglia e i figli, cosa che non è condivisa invece nel caso di un uomo”, prosegue Laurenza.
“Le giovani sanno che possono essere le protagoniste del cambiamento”
Già all’età di 6 anni, secondo alcune ricerche, le bambine sono convinte di non essere intelligenti quanto i loro coetanei maschi. La scarsa fiducia in loro stesse ha come risvolto quello di mettersi poco in gioco o, nel caso di una posizione lavorativa, farlo solamente se ritengono di avere tutti i requisiti richiesti, lasciando spazio spesso a profili meno competenti.
“Le ragazze devono sentirsi più pronte ad avere un ruolo attivo nella società“, spiega Laurenza. “Ma è il contesto che deve cambiare e può farlo sia attraverso loro, ma anche attraverso un cambiamento di tipo sistemico, che parta dalle istituzioni e da nuove leggi”. Un altro fattore importante è quello dell‘imitazione di modelli e punti di riferimento: “Se una ragazza sa che un certo ruolo è occupato da una donna, che è possibile anche per lei accedere a quella posizione, allora si candida più facilmente. Le ragazze delle nuove generazioni sanno che possono essere protagoniste del cambiamento“, osserva.
Quindi, in questi 130 anni (ma si spera di vedere risultati ben prima) dobbiamo lavorare ancora molto. I progressi e la necessità di un cambiamento sono in atto. Il numero di donne in politica è aumentato già negli ultimi due anni e anche gli esempi di donne impegnate e che rivestono posizioni di rilievo stanno diventando sempre di più. Quello che dobbiamo fare è cambiare il nostro approccio, smettendo di domandarci “Perché io?” e iniziare a chiederci: “Perché non io?”, conclude Laurenza.