La caccia al voto è ormai quasi conclusa: il 25 settembre gli italiani saranno chiamati alle urne dopo la caduta del governo di Mario Draghi. Tanti i punti nei programmi di partito, ma poche le soluzioni concrete: una analisi dei temi principali.
Il 2022 è un anno che non sarà facilmente dimenticato. Lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina ha cambiato l’agenda internazionale prima e quelle nazionali dopo, a partire dalla crisi del gas. Ma è stato anche l’anno della ‘sfiducia’ a Mario Draghi e della ripresa economica dopo gli strattoni della pandemia da Covid-19. È in questo contesto che i partiti hanno dovuto stilare i propri programmi per conquistare fiducia e voto degli italiani. I macro-temi, generalmente inflazionati, quest’anno si arricchiscono del capitolo energia, diventato ormai preponderante nel dibattito politico. Eppure la moda di puntare sugli slogan sembra dura a morire: sfogliando pagina per pagina i programmi dei partiti, ci si ritrova spesso di fronte a un elenco di “faremo” e di scarne soluzioni.
Sanità: l’ombra del coronavirus
Tutti vorremmo che la pandemia fosse un lontano ricordo e lo sanno anche i dirigenti dei partiti, che sono però chiamati a esprimersi in materia. L’oggetto di confronto è la parte che riguarda le misure anticontagio, con il centrodestra che in maniera più o meno compatta parla di informazione sulla campagna vaccinale, ma non di obbligo, parla di raccomandazione ma vuole lasciare ai cittadini la libertà di scegliere come comportarsi. Nel centrosinistra, invece, il Partito democratico non fa alcun cenno alla gestione della pandemia, mentre il Terzo polo, più Calenda che Renzi, immagina un piano straordinario per aumentare la capacità produttiva di prestazioni di specialistica ambulatoriale, visite di controllo e interventi. Il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte si limita a parlare di una riforma del titolo V della Costituzione per riportare la salute alla gestione diretta dello Stato. Quel che è certo è che non esiste solo la Covid e che i problemi che già prima della pandemia affliggevano il sistema sanitario sono ancora irrisolti. A questo proposito, la Fondazione Gimbe ha pensato di ‘tirare le orecchie’ a tutti i leader con un monitoraggio indipendente dei programmi dal quale evince che “nessuna forza politica ha elaborato un adeguato piano di rilancio per la sanità pubblica, in grado di contrastare la strisciante privatizzazione, al fine di garantire a tutti i cittadini il diritto costituzionale alla tutela del nostro bene più prezioso: la salute”.
La crisi energetica
È il tema più caldo del momento, anche se sarebbe più opportuno definirlo freddo con l’inverno che verrà, suscita un acceso dibattito. La questione energetica è presente in tutti i programmi elettorali, ma quasi nessuno indica come intende reperire le risorse per attuare le misure. Nella maggioranza dei programmi si parla di rinnovabili, di fotovoltaico ma anche di gas nazionale, di nuovi impianti e rigassificatori, come quello di Piombino, per citare il più noto alle cronache. L’elemento comune a tutti programmi è l’assenza di una strategia chiara per reperire le risorse necessarie ad attuare le riforme. Nessuno spiega in modo chiaro da dove dovrebbero arrivare i fondi, fatta eccezione per il centrodestra che indica orientativamente come intervenire sul tetto al prezzo del gas, il Movimento 5 stelle che parla di coperture per il suo Energy recovery fund e pochissimi altri casi.
Scuola e ricerca
Venendo all’istruzione, il centrodestra nel programma punta a raggiungere gli standard europei in termini di investimenti nella ricerca anche allo scopo di far rientrare in patria i famosi ‘cervelli in fuga’. In particolar modo, il partito di Meloni propone l’istituzione di un programma ad hoc che preveda l’immaginario italiano e le rievocazioni storiche. Il Terzo polo propone l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, anche qui c’è l’aumento dei finanziamenti per raggiungere gli altri Paesi d’Europa. Il Movimento 5 stelle pensa invece a una scuola dei mestieri che valorizzi e recuperi l’artigianato italiano. Anche in questo caso si parla di aumento dei fondi dedicati. Il Pd, invece, punta alla filosofia del “conoscere è potere”. Propone dunque un approccio critico al digitale nel ciclo dell’istruzione, a partire dall’educazione civica digitale fino alla digital literacy. Non solo. I dem intendono anche istituire un Fondo nazionale per i viaggi-studio, le gite scolastiche e il tempo libero. Anche in questo caso, a una lunga sfilza di “vogliamo” non c’è specifica sul come tutti questi interventi debbano essere finanziati. I cenni all’adeguamento stipendiale non soddisfano chi è chiamato alle urne. Docenti, presidi e Ata sono ormai ben abituati agli slogan e da anni sono costretti a vedersi in posizioni ridicole nelle classifiche europee sul trattamento economico della professione. Senza considerare il pasticcio delle cattedre vuote a scuola già iniziata.
Ripartenza del turismo
È Meloni a proporre un piano di rilancio nazionale del turismo che, in assenza di disponibilità di cassa, dovrà necessariamente essere sostenuto “da coraggiose politiche fiscali”. Secondo Fratelli d’Italia, a beneficiarne saranno anche altri comparti economici: “Prima di tutto la flat tax, a seguire per almeno dieci anni tutte le attività di settore dovranno godere di una tassazione agevolata, sia in tema di Ires, Irpef, che di costo manodopera. Inoltre, una drastica riduzione, se non addirittura l’azzeramento dell’Iva” si legge. Il Pd, invece, propone un Piano nazionale per il recupero e il rilancio dei Borghi italiani che contrasti lo spopolamento delle aree interne, prevedendo esenzioni fiscali per le attività commerciali nei piccoli comuni; una riqualificazione in chiave sostenibile dell’edilizia rurale storica; il potenziamento del Piano nazionale Grandi progetti beni culturali e infine la promozione internazionale della Capitale italiana della Cultura. Il leitmotiv è il solito: molte idee, ma nessun cenno alle opportunità di finanziamento di questi interventi. I pentastellati vogliono invece una piattaforma per l’incontro tra i bisogni dei turisti e l’offerta del territorio italiano, utile a incrementare la capacità di vendita di prodotti e servizi anche delle Pmi agricole e artigiane, un piano pubblico di assunzioni per superare il sottodimensionamento del ministero dei Beni culturali e delle sue istituzioni periferiche, un freno alle esternalizzazioni e il contrasto all’uso distorto del volontariato e dei lavoratori della cultura, infine misure di protezione e valorizzazione del patrimonio culturale italiano.
Cybersecurity
In un mondo in cui la guerra si evolve e passa anche dai sistemi informatici, il tema della sicurezza digitale diventa cruciale per un Paese che voglia dirsi avanzato. A fare un quadro dettagliato è il portale specializzato cybersecurity360, che ha analizzato i programmi dei partiti sotto questa lente: “La parola chiave del programma elettorale di Fratelli d’Italia è protezione. Protezione dai cyber attacchi e dai ransomware, protezione degli investimenti con aiuti ad hoc ai soggetti che necessitano alti livelli di sicurezza” scrivono. Meloni, infatti, vuole rafforzare l’Agenzia italiana per la cybersecurity e garantire la protezione del Paese e di ciò che esso produce in materia di digitale. In accordo con Meloni in questo caso c’è Letta, che annovera tra i primi punti proprio il rafforzamento dell’Agenzia. La Lega di Matteo Salvini vuole invece potenziare i sistemi di sicurezza della pubblica amministrazione, sempre più spesso soggetta ad attacchi come accaduto qualche tempo fa al sito web della Regione Lazio.
Il tema è quasi inesistente per Forza Italia, che parla solo brevemente di sfruttare la blockchain per tracciare i rifiuti. Il M5s fa ruotare la sua azione in tal senso attorno al Pnrr, con l’impegno sulla transizione digitale. Anche in questo caso il tema è presente nei programmi elettorali, ma nessuno ha spiegato dove e come intervenire e con quali fondi. Manca, inoltre, come sottolineano gli esperti di cybersecurity360, un cenno all’intelligenza artificiale, vera sfida del futuro in tema di digitale.
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