Una famiglia italiana ha speso in media al mese 82 euro nell’anno scolastico in corso per la mensa di un figlio iscritto alla scuola primaria o dell’infanzia: si tratta di circa 4 euro a pasto. Ecco una panoramica.
I dati della sesta indagine sulle mense scolastiche di Cittadinanzattiva, che ha preso in esame le tariffe di tutti i 110 capoluoghi di provincia, mettono in evidenza importanti differenze a livello regionale per quanto riguarda i costi sostenuti dalle famiglie con figli.
Il costo delle mense scolastiche nelle diverse Regioni
La Regione mediamente più costosa è la Basilicata (109 euro mensili) mentre quella più economica è la Sardegna (58 euro nell’infanzia e 62 euro per la primaria). L’incremento rispetto alla precedente indagine, riferita al 2020/21, è stato di poco più del 2%, ma le variazioni sono molto differenti a livello regionale. Si passa infatti da un aumento a due cifre in Basilicata (+19% e +26% rispettivamente per scuola primaria e quella dell’infanzia) e in Campania (+12% circa per entrambe le tipologie di scuola), al decremento più elevato registrato in Sardegna (-10,5% nell’infanzia e -4,5% nella primaria). Tariffe sostanzialmente invariate in Lazio, Marche, Umbria e Valle d’Aosta. Non presente nell’indagine il Trentino Alto Adige, poiché le due province autonome calcolano le tariffe su indicatori diversi dall’Isee e non comparabili con le altre Regioni.
I capoluoghi con i costi più alti e quelli in cui si spende meno
A livello di singoli capoluoghi di provincia, sono le famiglie di Barletta a spendere di meno per il singolo pasto (2 euro sia per l’infanzia che per la primaria), mentre per l’infanzia si spende di più a Torino (6,60 euro a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40 euro). Fra le città metropolitane, soltanto Roma rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia ‘tipo’ di circa 2,40 euro in entrambe le tipologie di scuola.
La famiglia tipo presa in esame dall’indagine
La famiglia di riferimento è composta da tre persone (due genitori e un figlio minore), ha un reddito lordo annuo di 44.200 euro, con corrispondente Isee di 19.900 euro. Nel calcolo della quota annuale del servizio di ristorazione scolastica si è ipotizzata una frequenza di 20 giorni mensili per un totale di 9 mesi escludendo eventuali quote extra annuali e/o mensili.
La mensa scolastica come servizio pubblico universale
“A fronte di ciò e dell’aumento della povertà minorile, crediamo che il servizio di ristorazione scolastica debba essere riconosciuto al più presto come servizio pubblico universale – dichiara Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva – Nel frattempo è indispensabile da un lato aumentare il numero di mense scolastiche in tutto il Paese, soprattutto nelle aree del Sud e in quelle interne ed ultraperiferiche, andando oltre i mille interventi previsti dal Pnrr che solo per poco più della metà saranno effettivamente nuovi locali mensa, dall’altra, ampliare le fasce di reddito per le quali è previsto l’accesso gratuito e contenere i costi a carico delle altre famiglie”.
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“Disporre di mense, oltre che garantire un pasto proteico al giorno a tanti bambini e ragazzi, consente di favorire l’ampliamento del tempo pieno e di tenere le scuole aperte per più ore al giorno, come presidio contro la dispersione“, aggiunge Bizzarri.
Quante sono le scuole che offrono servizi di mensa
Attualmente gli edifici scolastici statali con la mensa sono un terzo del totale: 13.533 sulle 40.160 scuole. Il Pnrr ha stanziato 400 milioni di euro per la costruzione di mille mense, “ad oggi abbiamo notizia e dettagli di 908 interventi approvati”, osserva Cittadinanzattiva. Poco più della metà di questi ultimi, ossia 526 pari al 58%, prevede la costruzione di nuove mense, di cui 230 (48% delle nuove mense) al Sud. Per il resto si tratta di interventi di demolizioni, ricostruzioni e ampliamento (23%) e di riqualificazione o riconversione di spazi e mense preesistenti e messa in sicurezza (19%).
Fonte Agi