Il candidato del centrosinistra alla guida della Lombardia sta per lanciare la campagna elettorale a Milano. I temi sul piatto per cambiare il vertice della Regione, dopo 28 anni di governo di centrodestra, sono tanti: dalle liste di attesa nella sanità, alla passata gestione Covid, alle difficoltà del trasporto locale ferroviario.
Pierfrancesco Majorino è il politico delle scommesse non facili. La prima è quella di essere il candidato del centrosinistra, in quota Pd, alle prossime Regionali in Lombardia, territorio governato da 28 anni dal centrodestra. La seconda è correre in un momento critico per i dem, alle prese con il rinnovo della segreteria, la sconfitta post 25 settembre e un Terzo Polo agguerrito che continuamente attacca la forza politica anche mettendola di fronte al rebus delle alleanze. Ultimo capitolo l’interrogativo sulla convergenza di Letizia Moratti, in lizza con Azione-Italia Viva, fallita o forse mai realmente iniziata, per una corsa elettorale congiunta. Ora in ballo c’è il patto con il M5s. Abbiamo intervistato l’eurodeputato del Partito democratico ed ex assessore nelle giunte Pisapia e Sala per parlare di tutti questi temi.
In Lombardia ci sono stati 28 anni di governo di centrodestra: quali sono secondo lei gli errori più evidenti, rimanendo solo nel campo della giunta Fontana e della gestione Covid?
È lungo l’elenco ma se vogliamo rimanere alla questione sanitaria e al netto della tragica gestione dell’emergenza Covid evidenzio la distruzione – con il tempo – della sanità territoriale. Vorrei ricordare cosa diceva l’attuale ministro Giorgetti “nessuno va più dal medico di famiglia”. Frase che pronunciò nell’agosto 2019 al Meeting di Rimini. Pochi mesi dopo scoppiò l’emergenza Covid e si scoprì che la medicina di territorio era a zero e infatti l’emergenza venne meglio gestita dal Veneto rispetto alla Lombardia. La riforma Moratti- Fontana non risolve i problemi sul campo ed è solo un pannicello caldo. E ancora: la tragica situazione del trasporto locale ferroviario. Basta parlare con i pendolari, con chi per fare pochi chilometri in treno deve impiegare tempi di percorrenza non accettabili.
In queste ore il quotidiano Domani, sulla questione della mancata zona rossa nella bassa Valle Seriana, ricostruisce che la Regione Lombardia, tramite il presidente Attilio Fontana, chiese al governo, tra fine febbraio e marzo 2020, di mantenere al più lungo possibile le minori restrizioni, nonostante la consapevolezza del rapido diffondersi del virus. Sul caso arriva in giornata una nota dell’eurodeputato (ndr).
“Fontana ha colpevolmente giocato con la vita dei lombardi e si è dimostrato palesemente inadeguato nella gestione dell’emergenza, arrivando a minimizzare una situazione che era già fuori controllo. Con quale coraggio Fontana si presenta oggi per chiedere di nuovo la fiducia dei lombardi? Fontana davanti a tutto questo è in grado di affrontare questa campagna elettorale con una responsabilità simile sulle spalle?”, fa sapere in una nota Majorino.
Si parla sempre di più di una possibile apertura all’alleanza con M5s in Regione. Ha sentito Conte o qualcuno a Roma?
Sono totalmente immerso nella campagna elettorale lombarda. Come ho già più volte detto non rincorro e non demonizzo nessuno. Se il confronto di idee che loro propongono, approccio che ho apprezzato, porta a estendere la nostra alleanza meglio. Porte aperte. Per parte mia massima disponibilità a discutere di contenuti.
Quali sono gli ostacoli principali a questa alleanza e quali i punti in comune?
Vedremo nei prossimi giorni. La cosa che dico è semplice: noi siamo quelli del cambiamento dopo 28 anni. Cambiamento deve voler dire massima ambizione per ricostruire la sanità, sostenere lo sviluppo, realizzare le infrastrutture, dare vita a lavori green. Parliamo di cose da fare e di futuro e vedremo come andrà il confronto.
Il 3 dicembre avvierà ufficialmente la sua campagna elettorale a Milano: ci anticipa qualche contenuto?
Io credo che in Lombardia ci sia bisogno di tanta aria nuova, fresca. La porteremo noi. E sabato si vedrà sia attraverso gli interventi di alcuni amministratori che attraverso le testimonianze dirette di cittadini lombardi. Sarà un appuntamento che rifletterà la cifra e il sapore della campagna elettorale che abbiamo davanti. Saremo netti nella critica ma molto molto propositivi. Non mi accontento di cavalcare il malcontento. Prendiamo lo scandalo delle liste d’attesa in sanità. Penso a un provvedimento d’urgenza fatto entro i primi cento giorni per dare uno scossone. E poi ad una riforma in profondità realizzata con l’obbiettivo di rilanciare un sistema oggi in grande difficoltà. Credo che la Lombardia debba essere ambiziosa. Ambiziosa vuol dire andare oltre alle emergenze e, ad esempio, pensare a uno straordinario piano per i lavori green.
Fontana, presentando ‘Lombardia 2030’, ha parlato della Regione come ‘smartland’ del futuro e per realizzarla chiede più ‘autonomia’. Lei cosa ne pensa delle autonomie differenziate, un progetto del governo di centrodestra?
L’autonomia così come impostata e immaginata dal ministro Calderoli allarga le diseguaglianze e produce un disastro nel mondo della scuola che andrebbe, secondo la Lega, regionalizzato. Quindi dico autonomia sì ma non così. Io credo che l’autonomia sia la necessità di sostenere le comunità locali, le realtà metropolitane a fare scelte giuste e a godere di strumenti per attuarle. Non vedo questo nella proposta Calderoli. Mi auguro ci possa essere un confronto costruttivo. Attenzione poi a non danneggiare il Mezzogiorno. Lo dico da persona che si candida a fare il presidente di una grande Regione del Nord. Non è solo una questione di sacrosanta solidarietà è pure un tema di che idea abbiamo di competitività sullo scacchiere globale. Se il Sud perde talenti o non ha un forte sistema sociosanitario diventa un problema per tutti. Detto tutto questo mi pare che nel governo le idee non siano affatto chiare.
Come può convincere l’elettorato moderato in Lombardia e ‘sottrarre’ voti alla Moratti?
Non sono alla ricerca di conversioni o cambi “ideologici”. Sono un uomo che non ha mai nascosto le proprie idee e i propri convincimenti. Ma sono sempre stato un uomo animato dalla volontà di ascolto e confronto. Ho avuto modo di sviluppare un’importante esperienza amministrativa come assessore prima di Pisapia, poi di Sala. Entrambi hanno ottenuto voti da gente che non è di centrosinistra ma che ha riconosciuto loro doti e capacità di guida amministrativa. Voglio convincere chi mi voterà sulla base dei programmi concreti e delle idee. Girando, peraltro, tra i piccoli comuni del nostro bellissimo territorio lombardo. Non sarà una campagna concentrata solo nei capoluoghi.
Il Pd sta attraversando una fase di rinnovamento, almeno sulla carta, ha un possibile candidato per la Segreteria che sente più vicino? Faccio un nome, Bonaccini?
Come detto sono concentrato nella campagna elettorale. Ho sentito e sento da parte di tutti i dirigenti nazionali e locali un sostegno totale alla mia candidatura. La mia unica speranza è che prima ancora del nome venga il confronto di idee e proposte. Perché noi non siamo un partito da leader unico e isolato. Siamo un partito che fa sintesi delle proposte di tutti. In particolare di quelle provenienti dalla base. Dobbiamo recuperare sempre più questa vocazione a livello nazionale. I nomi del resto non mancano. Si stanno palesando in questi giorni, mi pare un fatto importante.