La moneta unica europea ha toccato il punto più basso in due decenni nel cambio con il dollaro dopo che l’azienda russa Gazprom non ha riaperto il gasdotto che fornisce energia all’Europa citando problemi tecnici.
Lunedì mattina l’euro è stato scambiato con 0.9879 dollari, scendendo per la prima volta da 20 anni sotto quota 0.99 nel cambio con la moneta statunitense. Da allora, ha un po’ recuperato ma nel momento in cui scriviamo resta sotto la parità.
FX: #EURO slides to the lowest level in two decades against USD: 0.9891, chart @BloombergTV pic.twitter.com/qxNm6ZpMt8
— ACEMAXX ANALYTICS (@acemaxx) September 5, 2022
L’indebolimento della moneta unica europea non è una novità e prosegue dall’inizio dell’anno, a causa dell’incertezza innescata dall’invasione russa dell’Ucraina. Il cosiddetto colpo di grazia è arrivato a causa della chiusura prolungata del Nord Stream 1, il gasdotto attraverso il quale la Russia fornisce energia alla Germania, e quindi all’Europa. L’azienda Gazprom, che aveva interrotto le forniture per manutenzione, ha annunciato che non può riaprire a causa di problemi tecnici, ma si sospetta che dietro a questa motivazione ci sia ancora una volta il tentativo da parte di Mosca di esercitare una pressione sul blocco. Non a caso, l’annuncio è è arrivato a ridosso di un accordo tra i Paesi del G7 per cercare modi per limitare i prezzi pagati per le esportazioni di petrolio russo.
Come sottolinea il Guardian, l’euro è calato perché si teme un aumento vertiginoso dei prezzi, ma anche carenze nella disponibilità stessa dell’energia. Queste stesse preoccupazioni hanno fatto sì che lunedì mattina tutti i principali mercati europei aprissero in rosso e hanno causato un nuovo balzo del prezzo del gas: ha aperto a 275 euro, in rialzo del 28% rispetto alla chiusura di venerdì 2 settembre, quando la notizia sul Nord Stream non era ancora arrivata. In netto aumento anche il prezzo del petrolio, in attesa della riunione dell’Opec + che potrebbe decidere per un taglio della produzione e dopo la presa di posizione del G7 su un price cap al petrolio russo. In avvio di settimana, il greggio Wti è passato di mano a 88,53 dollari al barile con un aumento dell’1,91%, mentre il Brent è salito del 2,13% a 95 dollari al barile.
La Russia dice che l’Europa è la causa dei suoi mali. “Se gli europei prendono una decisione assolutamente assurda di rifiutarsi di riparare la loro attrezzatura, o meglio, l’attrezzatura che appartiene a Gazprom, ma che sono contrattualmente obbligati a riparare, non è colpa di Gazprom”, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. “È colpa di quei politici che hanno preso decisioni sulle sanzioni“.
L’Alto commissario Ue alla politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha riconosciuto che gli europei “sono sotto la pressione economica ed energetica” e che le prossime settimane saranno “molto impegnative“. Ha però fatto capire che Bruxelles non intende revocare le misure prese contro Mosca e che non è da queste che dipende la crisi attuale. “Ogni volta in cui mi sono seduto a un tavolo con il ministro Lavrov ho dovuto ascoltare lo stesso nastro: le sanzioni creano problemi a tutto il mondo. Non sono le sanzioni, è la guerra“, ha detto, dicendosi convinto prima o poi le misure sortiranno l’effetto desiderato. “Dobbiamo essere consapevoli che ci vuole tempo e continuare a usare le sanzioni in modo mirato al mondo”. Ad oggi, non si sa ancora quando riaprirà il Nord Stream 1 e ricominceranno le forniture di gas.
Fonte Adnkronos