Proseguono le ricerche dei due dispersi mentre la procura indaga sulla mancata allerta alla popolazione e sulle eventuali negligenze negli interventi di manutenzione. Il governatore della Regione, intanto, dice che i fondi a disposizione per il dissesto idrogeologico non bastano e serve un piano straordinario di scala nazionale.

È per ora fermo a 11 morti, diversi feriti e due dispersi il bilancio dell’alluvione nelle Marche. Le due persone che ancora mancano all’appello sono Mattia, 8 anni, e Brunella Chiù, 56 anni. Le loro ricerche stanno proseguendo anche in queste ore, mentre in altre zone si continua a spalare e pulire per togliere acqua e fango dalle abitazioni. Secondo quanto si apprende, sono 250 le squadre dei vigili del fuoco a lavoro sul territorio, e sono stati eseguiti più di 900 interventi: 600 nell’Anconetano e 300 nel Pesarese.

La procura, intanto, indaga sulle possibili responsabilità umane dietro a questa tragedia. Sotto esame ci sono sia la mancata allerta che eventuali negligenze nelle opere di manutenzione, nonché ritardi burocratici. I primi fondi per la messa in sicurezza del Misa – il fiume che ha esondato – erano stati stanziati nel 1986, ma la bocciatura di diversi progetti e un blocco dei lavori dovuto a problemi collegati alla valutazione di impatto ambientale hanno ritardato i lavori fino al 2021, quando è stato infine aperto un cantiere.

Il governatore delle Marche e commissario all’emergenza, Francesco Acquaroli, dice che serve un piano straordinario di scala nazionale, perché il problema riguarda tutti i territori. “Bisogna dare risposte pratiche ai cittadini e per farlo bisogna essere messi nella condizione di agire, con risorse sufficienti”, ha detto. “C’e’ un progetto di sistemazione del Misa e del Nevola il cui costo supera i 100 milioni di euro. Ma per la gestione e la programmazione di tutto il dissesto nelle Marche abbiamo a disposizione 50 milioni di euro di fondi europei. Per tutto il tema del dissesto: la meta’ di quanto servirebbe per il Misa”, lamenta Acquaroli, che afferma di aver lavorato con la sua giunta “sulle priorità e sulle emergenze segnalate dai tecnici”.

Secondo diversi esperti, la principale soluzione a questi problemi è la prevenzione. “Dovremmo chiederci cosa avremmo dovuto fare per non piangere queste vittime: prevenzione strutturale, come la cura degli alvei, del territorio, dei boschi e dei pascoli”, ha affermato Agostino Miozzo, per anni nella Protezione Civile, intervistato dalla Stampa. “Pulire i fiumi e i torrenti consentendo il più rapido flusso dell’acqua avrebbe ridotto l’ondata devastante. E poi la comunicazione dei rischi del luogo in cui si vive e come agire in caso di emergenze”. Anche Miozzo è però dell’idea che quanto successo non fosse prevedibile.

Fonte Adnkronos

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