Chi si candida per una posizione lavorativa dovrà poter conoscere lo stipendio che prenderà nel caso in cui venga assunto. Lo prevede una direttiva approvata definitivamente dal Parlamento europeo.

La direttiva permette a chi si candida per un lavoro di avere accesso allo stipendio che riceverà nel caso in cui sarà assunto. All’azienda sarà invece vietato chiedere il precedente salario durante i colloqui. L’obiettivo è evitare che questa comunicazione influenzi la decisione sul nuovo stipendio.

Direttiva sulla trasparenza retributiva: le altre misure

Ai lavoratori e ai loro rappresentanti viene dato il diritto di ricevere informazioni “chiare ed esaurienti” sui livelli retributivi “individuali e medi”, suddivisi per genere. Messe al bando anche tutte le clausole contrattuali che impediscano ai lavoratori di divulgare informazioni sul loro stipendio o di chiedere lumi sul salario di altre categorie di dipendenti.

Le misure per la parità salariale tra uomini e donne

Se un lavoratore ritiene che il principio della parità di retribuzione tra uomo e donna non sia stato applicato e porta il caso in tribunale, la legislazione nazionale dovrà obbligare il datore di lavoro a dimostrare che non c’è stata discriminazione. In precedenza, era il dipendente a doverlo dimostrare. Queste norme prevedono anche che se dalla dichiarazione obbligatoria sulle retribuzioni di un’azienda o dell’amministrazione pubblica emerge un divario di almeno il 5% tra i sessi, i datori di lavoro dovranno effettuare una valutazione con i rappresentanti dei loro dipendenti.

Direttiva sulla trasparenza retributiva: i prossimi passi

Le nuove regole sono state approvate definitivamente dal Parlamento europeo lo scorso giovedì 30 marzo con 427 voti favorevoli, 79 contrari e 76 astensioni. Come succede da prassi, ad esempio nel caso della direttiva sulle auto green, il testo dovrà essere approvato dal Consiglio dei ministri dell’Ue interessati dal testo. Poi, sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. A questo punto, passati 20 giorni le regole entreranno in vigore. Gli Stati avranno poi tre anni per scegliere i modi più adeguati per giungere agli obiettivi stabiliti dalla direttiva.

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