Le piattaforme petrolifere, situate al largo delle coste, sono spesso delle vere e proprie cittadine in mezzo al mare. Abbiamo raccolto la testimonianza di Salvatore (nome di fantasia), capoturno di produzione in un impianto nel canale di Sicilia: la sua vita è scandita fra due settimane al largo e due sulla terraferma.

“Sono in mare. Se non sente bene, ripeto”. Salvatore (nome di fantasia, ndr) è appena tornato sulla piattaforma petrolifera nel canale di Sicilia su cui lavora da trent’anni. È il giorno uno di quattordici: per due settimane trascorse a casa, altrettante si trova al largo, come capoturno di produzione. A una decina di miglia dalla costa e novanta chilometri da casa. Intorno, una distesa azzurra. “A me piace tantissimo, però non è che ce la godiamo: qui siamo in mezzo al mare, è un’altra cosa. Al massimo ci sono tranquillità e le navi che passano”, racconta ad upday.

Il lavoro su una piattaforma petrolifera

È una vita ri-tarata sul lavoro: l’impianto è in funzione ventiquattro ore al giorno tutto l’anno per garantire un’estrazione di greggio costante e Salvatore – che ne supervisiona la conduzione – quando è di turno vive sulla piattaforma, una vera e propria città in piccolo. Ci sono alloggi, una mensa, una palestra, sale tv e uno spazio solo per gli appassionati di musica. “I miei turni vanno dalle ore 12 alle 24 e da mezzanotte alle 12”, spiega. Si parla di 168 ore in due settimane, “una di lavoro diurno, una notturno”, prosegue, a cui corrisponde un recupero compensativo di quattordici giorni.

Il tempo libero

“Se escludiamo le ore di lavoro e quelle di riposo, rimane ben poco”, dice però Salvatore. “Nel tempo libero mi dedico al karaoke, suono la chitarra. Ogni tanto vado in palestra”, afferma e poi aggiunge: “Questo è un lavoro che in generale comporta parecchie rinunce. Perdi compleanni, anniversari”. “A me ad esempio piace andare in motocicletta – racconta – magari sei a bordo e ci sono settimane meravigliose, torni sulla terraferma e piove, come è successo l’ultima volta. Queste cose pesano col tempo”.

I guadagni e i rischi del mestiere

Se la paga di per sé è buona – “un operaio dipendente assunto ora, prende intorno ai 60mila euro lordi l’anno”, pari a 5mila euro lordi al mese – quello di Salvatore è un lavoro usurante: “Se io lavoro 180 giorni l’anno, 90 sono di notte”, spiega. Sulla piattaforma, invece, “i rischi specifici sono bassissimi”, dice. E aggiunge: “Però siamo in mezzo al mare e qui qualsiasi stupidaggine può prendere una piega diversa”. Sono possibili ad esempio le fughe di gas altamente infiammabile dal greggio estratto. Per questo, per tutti i lavoratori sono previsti dispositivi di sicurezza individuale come elmetti, scarpe e tute da lavoro apposite.

Come cambia la percezione

“Prima c’era l’entusiasmo, perché mi sembrava di viaggiare sempre. Oggi vorrei andare in pensione”, puntualizza Salvatore, “e posso a 61 anni e poco più, ma con tutta la burocrazia da presentare un anno prima (per chi fa lavori usuranti per accedere alla pensione anticipata, ndr), chissà se ci riesco”. “I miei colleghi che lavorano solo di giorno, invece, sono trattati come se stessero sulla terraferma – spiega – pur vivendo sempre in mezzo al mare. A differenza mia ci andranno almeno sei anni più tardi”.

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