La presidente Lagarde: “Decisione all’unanimità”. L’Unione nazionale consumatori: “Per i mutui è una stangata annua pari a 624 euro”.
Il Consiglio Direttivo della Bce ha deciso di rialzare di 75 punti i tassi di riferimento con una mossa che non sorprende più di tanto i mercati ma che conferma la prevalenza dei ‘falchi’ che premevano per un incremento superiore ai 50 punti stimati inizialmente. Con il ritocco deciso oggi l’Eurotower porta i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente all’1,25%, all’1,50% e allo 0,75%, con effetto dal 14 settembre 2022.
“Si tratta – si legge nella nota diffusa al termine del Consiglio – di una “importante misura che anticipa la transizione dal livello attualmente molto accomodante dei tassi di interesse di riferimento a livelli che assicureranno un ritorno tempestivo dell’inflazione al nostro obiettivo del 2%”.
Alla base della scelta odierna un’inflazione che “seguita a essere di gran lunga troppo elevata ed è probabile che si mantenga su un livello superiore all’obiettivo per un prolungato periodo di tempo”.
Dopo quello di luglio e quello deciso oggi, i rialzi della Bce non finiscono qui visto che “in base alla sua attuale valutazione, il Consiglio direttivo si attende di aumentare ulteriormente i tassi di interesse nelle prossime riunioni per frenare la domanda e mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento dell’inflazione attesa”. Il Consiglio direttivo – si legge nella nota diffusa dopo la riunione del consiglio – “riesaminerà regolarmente la traiettoria della politica monetaria alla luce delle informazioni più recenti e dell’evolvere delle prospettive di inflazione. Anche in futuro le decisioni sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale vengono definite di volta in volta a ogni riunione”.
Cosa cambia
Secondo un’analisi dell’Adnkronos, la mossa ha la conseguenza di far salire i tassi di interesse e di far crescere quindi il costo del denaro. Da una parte diventano più pesanti i mutui degli italiani, dall’altra lo Stato paga di più gli interessi sul debito pubblico.
L’effetto di un aumento dei tassi sulla spesa per interessi dipende invece da quanto rapidamente l’aumento si estende ai nuovi titoli emessi, da come vengono sostituiti i titoli in scadenza e quindi dalla composizione dell’offerta complessiva dei titoli di Stato. Il dato certo è che lo Stato, per finanziarsi, emette periodicamente dei titoli, come i Btp Italia, e se i tassi di riferimento salgono dovrà pagare nei prossimi anni una cedola maggiore agli investitori. Ma non è detto che questo si traduca in un vantaggio per i risparmiatori. Chi ha in portafoglio titoli acquistati in passato ad un tasso di interesse più basso subisce una perdita di valore in conto capitale, perché quei titoli oggi valgono di meno e perché è possibile acquistarne di nuovi, che pagano un tasso di interesse più elevato dei precedenti.
La reazione dell’Unione Nazionale Consumatori
“Pessima notizia per chi ha un mutuo a tasso variabile. Considerando l’importo e la durata media di un mutuo, si tratta di un aumento della rata pari a 52 euro al mese. Una stangata annua pari a 624 euro”. A fare i conti in tasca agli italiani è Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“È ovvio che la Bce con un’inflazione galoppante come questa non aveva molte alternative, ma il rischio, essendo le cause principali di questa fase inflattiva dipendenti dall’offerta e dai prezzi impazziti del gas, un’inflazione quindi importata, è che alla fine gli effetti negativi sul piano della crescita, degli investimenti e dei maggiori oneri sul debito pubblico superino quelli positivi” prosegue.
“Insomma, il carovita va affrontato soprattutto con le politiche fiscali e un accordo europeo per cambiare le regole del mercato energetico, più che con la politica monetaria della Bce. Ma fino a che l’Ue non ottiene risultati” conclude Dona.
Fonte Adnkronos.