Ha dato fuoco alla sua cella, poi ha aggredito quattro agenti di Polizia Penitenziaria. Il responsabile è Robert Omo, l’uomo detenuto per aver ucciso a martellate un negoziante nel suo negozio a Monteforte Irpino lo scorso 30 luglio, ferendo gravemente anche un cliente, salvo per miracolo dopo mesi di ricovero ed oggi in una clinica di riabilitazione. Lo ha spiegato Emilio Fattorello, consigliere nazionale dell’Osapp, l’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria.

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Il 24enne nigeriano, arrestato a fine luglio, si trova detenuto nel carcere di Bellizzi: l’uomo avrebbe sempre mostrato “evidenti problemi di natura psichiatrica”, tali che il sindacato Osapp attraverso Emilio Fattorello definisce la sua detenzione “incompatibile con la struttura della casa circondariale” di Bellizzi Irpino, in particolar modo dopo l’ultimo episodio, con l’incendio della sua cella e la successiva aggressione di quattro agenti della polizia penitenziaria intervenuti.

La vicenda suscitò diverso scalpore: stando a quanto ricostruito, l’uomo era nel negozio di Monteforte Irpino gestito da Yuan Cheng Gao quando, improvvisamente, afferrò dei martelli dagli scaffali e si scagliò contro il negoziante prima e contro un cliente poi. Per il titolare del negozio, conosciutissimo in città e stimato da tutti, non ci fu nulla da fare: la furia dell’uomo, che lo colpì ripetutamente alla testa con un martello, lo lasciò esanime in un lago di sangue. L’altro ferito, un cliente che era lì, si salvò per caso: nonostante le ferite gravissime ed un lungo ricovero durante il quale finì anche in coma, dopo tre mesi ha riaperto gli occhi ed è ora da diverse settimane alle prese con una lunga riabilitazione.

Robert Omo, il killer di Monteforte, aveva abusato di un cavallo

Il suo passato è sconcertante, Omo sarebbe stato da Malta per una vicenda assurda. Secondo quanto riportato dal Times of Malta e altri siti locali, il 24enne nigeriano era stato condannato a un anno di carcere nel novembre 2020 per avere abusato sessualmente di una cavalla di una fattoria alla periferia di Gozo.

In seguito era stato espulso e mandato in Italia, in quanto prima nazione nella quale aveva presentato domanda d’asilo. Il suo avvocato aveva spiegato al Secolo d’Italia: “Il mio assistito voleva tornare in Nigeria. Aveva presentato lui stesso domanda in Prefettura per essere rimpatriato, ma non c’era riuscito”. Ad Avellino, dove era stato accolto dalla Caritas, Omo aveva dato dimostrato delle sue particolari condizioni psicologiche colpendo con un pugno in pieno volto un operatore che lo aveva invitato a rispettare le regole del centro.

Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa