Il ministro degli Esteri Di Maio ha presentato un piano di pace in quattro punti per mettere fine alla guerra in Ucraina. Però nessuno sembra averlo visionato. In particolare la Russia afferma di non averlo ricevuto e che ciò che ha appreso dai giornali non è serio. Intanto l’Italia prova a giocare un ruolo sempre più attivo per la pace, con l’appoggio anche della Nato.
Cessate il fuoco, neutralità dell’Ucraina, restituzione di Crimea e Donbass all’Ucraina e il delineamento di un patto di sicurezza a livello europeo e internazionale. Sono questi i quattro punti principali presentati lo scorso 18 maggio dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio per portare a termine il conflitto ucraino. Il piano di pace è stato presentato al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.
Nelle idee dell’Italia, è importante costruire un percorso condiviso e organizzato in tappe per arrivare alla fine della guerra. Per farlo, le parti coinvolte dovranno dimostrare la volontà concreta di procedere, e in questo l’Italia sta provando a costruirsi un ruolo di guida verso la pace. Tuttavia non sono mancate le critiche. Si parla di un piano solo abbozzato, che a tratti assomiglia a un flusso di coscienza e che non prende in considerazione alcune questioni pratiche.
Il piano che non c’è
Il piano si fonda sul cessate il fuoco – già chiesto a più riprese senza successo – e sugli accordi di Minsk, siglati già nel 2014 per porre fine alle ostilità in Ucraina orientale ma mai rispettati fino in fondo. Da qui parte la prima critica, secondo cui il piano partirebbe da premesse deboli. Addirittura il quotidiano Domani ha affermato che il documento neanche esisterebbe veramente, ma consisterebbe solo in alcuni principi guida enucleati a titolo di indirizzo politico.
Le critiche arrivano in primis dal governo russo, secondo cui al Cremlino non sarebbe arrivato nessun documento da parte del governo italiano. Secondo il ministro degli esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov, il piano non è mai arrivato al Cremlino e “non è possibile affermare che la Crimea e il Donbass dovrebbero far parte dell’Ucraina ricevendo ampia autonomia”.
Riferendosi a Di Maio, Lavrov ha poi concluso affermando che “politici seri che vogliono ottenere un risultato e non si impegnano in autopromozione davanti agli elettori non possono proporre queste cose”. Anche Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza di Mosca, ha bocciato il piano, definendolo “un puro flusso di coscienza slegato dalla realtà” costruito sulla base di “giornali provinciali e menzogne ucraine“, aggiungendo che l’autonomia di Donbass e Crimea “sarebbe causa di una guerra a pieno titolo”.
Il ruolo dell’Italia
Il vicesegretario generale della Nato Mircea Geoana ha invece affermato che l’organizzazione è favorevole al piano di pace italiano, per il quale però non ci sono le condizioni politiche dal momento che “le posizioni dei due paesi sono ancora molto distanti”.
Il concetto è stato ribadito dallo stesso Luigi Di Maio, che ha ammesso che il piano è in una fase embrionale e ha affermato che le parole degli esponenti del governo russo dimostrano di non star cercando la pace. “Non ci sono due Paesi sullo stesso livello, ma un invasore e un invaso e dunque serve un piano per costruire un maggior dialogo tra le parti ed è quello che stiamo facendo. La pace non si impone e per raggiungerla si parte dalle condizioni dell’Ucraina, di cui abbiamo sempre difeso l’integrità” ha dichiarato il Ministro degli esteri.
Nel frattempo l’Italia si ritaglia sempre più un ruolo di guida per la pace. Nei giorni scorsi Mario Draghi ha telefonato a Vladimir Putin cercando rassicurazioni su forniture di gas e crisi del grano e provando a favorire un’intesa tra il leader russo e il governo ucraino.
“Si tratta di iniziative che hanno scarse possibilità di successo ma sono lodevoli. Del resto, è la prima volta che l’Italia prova a guidare un processo di pace in un grande conflitto internazionale” ha spiegato ad upday Pietro Figuera, fondatore dell’Osservatorio Russia. “A Mosca c’è l’idea che l’Italia lavori per conto degli Stati Uniti, e questo rende difficili le negoziazioni”.
Figuera spiega anche che le fragiità del piano sono sia legate all’eccessivo affidamento fatto sugli accordi di Minsk sia alla proposta di ristabilire un equilibrio precedente addirittura al conflitto del 2014 sulla questione del Donbass e della Crimea. “Soprattutto sulla Crimea è chiaro che la Russia non può accettare di chiudere una guerra di aggressione in condizioni peggiori di quelle iniziali. Anche per questo al momento il governo russo ha fatto capire che il piano non è assolutamente ricevibile”.