A tre anni dal suo avvio, grazie al decreto legge 4/2019, Inps traccia un primo bilancio sui pensionamenti con ‘Quota 100’. Più di due terzi dei beneficiari sono uomini e quasi la metà dei casi è relativa a dipendenti di società private.

Nel XXI Rapporto annuale, l’Istituto comunica che al 31 dicembre 2021 le domande pervenute sono circa 482 mila, di queste poco meno di 380 mila sono le accolte (79%), 39 mila le giacenti (8%) e 63 mila le respinte (13%), per una quota di accoglimento rispetto al totale delle lavorate prossima all’86%. In particolare, i pensionati con domanda accolta, che costituiscono la base dati dell’analisi Inps, sono 379.860, di questi più di due terzi sono uomini. 

La gestione di liquidazione è stata da lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi (49%), da lavoro dipendente pubblico per il 31%, da lavoro autonomo per circa il 20%. Analizzate invece per anno di decorrenza, il 40% ha decorrenza nel 2019, il 30% nel 2020, il 29% nel 2021 e l’1% successivamente al 2021. Le domande accolte si cumulano seguendo un trend grossomodo lineare dopo l’iniziale ‘effetto stock’, che risulta più accentuato tra gli autonomi e i dipendenti privati rispetto ai dipendenti pubblici.  

Quasi l’81% è transitato in ‘Quota 100’ dallo stato di attivo (circa 178 mila dal privato e circa 129 mila dal pubblico), poco meno del 9% da quello di ‘silente’, poco più dell’8% da percettore di prestazioni di sostegno al reddito, poco più del 2% da prosecutori volontari di contribuzione.  

Se in valori assoluti le pensioni con ‘Quota 100’ sono state più concentrate al Nord, meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro, quando espresse in percentuale o della base occupazionale o del flusso medio delle uscite per pensione anticipata mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e quelle più basse al Nord, con il Centro in posizione intermedia. 

I dati sull’età dei pensionati

L’Inps fa presente che l’età media alla decorrenza si attesta poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6 anni. Si registra la prevalenza a lasciare il lavoro alla prima decorrenza utile, con almeno uno dei requisiti di età e anzianità al livello minimo. Il rapporto tra anticipo effettivo e anticipo massimo (quello corrispondente all’utilizzo di ‘Quota 100’ non appena possibile) si assesta in media poco sopra il 90% per buona parte degli utilizzatori.  

Mediamente l’anticipo rispetto al più vicino dei requisiti ordinari è di 2,3 anni. L’anticipo incide in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo riduce del 4,5% per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8% per i dipendenti privati e del 5,2% per i dipendenti pubblici (per anticipi sino a un anno, la riduzione percentuale è calcolata rispetto all’importo medio della pensione anticipata nel 2018). A ricorrere a ‘Quota 100’ sono soprattutto i decili di reddito medi e medio-alti.  

Gli importi lordi medi delle pensioni ottenute tramite ‘Quota 100’ non mostrano significative variazioni per anno di decorrenza all’interno del medesimo comparto. Sono invece nette le differenze sia per comparto che per genere. 

Inps stima che la spesa effettiva (di consuntivo sino al 2021, prevista dal 2022 al 2025) potrà attestarsi a circa 23,2 miliardi. Nell’arco di poco meno di sette anni, questo implica un risparmio significativo del 30,7% pari a 10,3 miliardi sui 33,5 stanziati dal dl 4/2019. Tuttavia, la lettura di questo dato non può prescindere da tre considerazioni, avverte l’Inps. 

“Da un lato, formulare ipotesi di take-up rate (tasso di adesione, ndr) era nel 2019 particolarmente difficile, non potendo contare su precedenti con caratteristiche comparabili a ‘Quota 100’ (che a sua volta può essere, invece, un precedente utile per valutare eventuali futuri cambiamenti delle regole pensionistiche). Dall’altro lato, non si può escludere che nei prossimi anni i take-up rate proseguano e si posizionino su livelli più elevati di quelli registrati tra il 2019 e il 2021 riducendo in qualche misura la stima della minore spesa qui sopra descritta”, evidenzia Inps aggiungendo che “una correzione significativa dello stanziamento (4,5 miliardi) è stata apportata entro il 2019, pochi mesi dopo il dl 4/2019. La stima della spesa effettiva, se considerata rispetto allo stanziamento aggiornato da Nadef 2019 e Legge di Bilancio 2020, fa emergere minori oneri per 5,8 miliardi (-19,9%)”. 

Fonte Adnkronos

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