MA COME E’ BELLO QUI, MA COME E’ GRASSO QUI! “HO SBAGLIATO SU “NON È LA RAI”. VISTO CON GLI OCCHI DI OGGI MERITAVA PIÙ ELOGI” – IL MEA CULPA DEL CRITICO DEL “CORRIERE”: “ALLORA ERO PRIGIONIERO DI ALCUNI GIUDIZI E DI NON POCHI PREGIUDIZI. PER L’ESPLOSIONE DELLE CENTO ADOLESCENTI IN COSTUME SI PARLAVA DI LOLITISMO (PREGIUDIZIO), DI STRATEGIA BERLUSCONIANA PER INTONTIRE IL PAESE (ALTRO PREGIUDIZIO) – LA DISPUTA ARBORE-BONCOMPAGNI – “SBAGLIAVO? AMO I FILM DELL’ERRORE” – VIDEO
Aldo Grasso per il Corriere della Sera
Ebbene sì, lo ammetto: «Non è la Rai» non mi piaceva, inutile fingere il contrario. Con gli occhi di oggi (Mediaset ha proposto una maratona sul canale Extra, 163 di Sky, interrotto dalle promozioni di Giorgio Mastrota), è tutto un altro programma ed è possibile condividere molti degli elogi che hanno accompagnato l’anniversario (9 settembre 1991).
Allora ero prigioniero di alcuni giudizi e di non pochi pregiudizi. Il programma in sé non era molto diverso dall’intrattenimento facile: cruciverbone, giochini telefonici, canzoni, balletti, discoteca, Enrica Bonaccorti, Paolo Bonolis Per l’esplosione delle cento adolescenti in costume, acerbe e maliziose, si parlava di lolitismo (pregiudizio), di traviamento (al Corriere arrivavano decine e decine di lettere di genitori disperati e un critico alle prime armi ne era colpito), di strategia berlusconiana per intontire il Paese (altro pregiudizio), di deriva televisiva. Pareva che «Non è la Rai» fosse solo la risposta Fininvest a «I ragazzi del muretto» della Rai o alla «Piscina» di Alba Parietti. Tempi in cui per «L’istruttoria» di Giuliano Ferrara si parlava di Circo Barnum. I metri di paragone erano altri: «Avanzi», «Mai dire gol», per qualcuno anche «Twin Peaks».
La disputa più avvincente era questa: la famosa coppia Arbore-Boncompagni non lavorava più insieme e in molti credevamo (critici ben più titolati di me) che la «tv intelligente» fosse prerogativa del primo e il suo contrario del secondo (senza capire che quella spudoratezza stilistica stava cambiando la tv, nel suo profondo). E poi i giornali erano pieni della cerimonia che ogni giorno si ripeteva davanti agli studi della Safa Palatino, a Roma. Centinaia di ragazze che aspiravano a far parte del cast, madri agguerrite che cercavano di imporle o di trascinarle via, interventi di psicologi e sociologi, il Telefono Azzurro bollente. Difficile non tenerne conto. Sbagliavo? Amo i film dell’errore.
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