Ha cinquantotto anni, è un ex ufficiale dell’esercito ormai in congedo, e ieri è stato condannato a 8 anni di carcere con l’accusa di violenza sessuale su minore, per aver abusato di due ragazzini di 12 e 14 anni. La vicenda è ricostruita oggi sulle pagine della cronaca di Roma del quotidiano il Messaggero. Oltre alla condanna a 8 anni di carcere il giudice ha disposto un risarcimento di 50mila e 40mila euro per le due vittime di Nicastro e 5mila euro per ciascun genitore. Ha imposto inoltre il divieto assoluto di avvicinarsi a luoghi frequentati da minorenni, una misura di sicurezza valida per due anni. Per lui la pubblico ministero Daniela Cento aveva chiesto una condanna a 10 anni di reclusione, ridotta a 8 dai giudici.
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L’inchiesta, che è stata condotta dagli investigatori della Squadra Mobile di Roma, l’uomo si sarebbe approfittato di ragazzini con cui aveva una consuetudine. Conosceva le loro famiglie, si faceva chiamare zio, e era considerato da tutti un “insospettabile”. Secondo quanto ricostruito avrebbe agito sempre allo stesso modo: prima si ingraziava le sue giovanissime prede interessandosi a loro, alle loro passioni, proponendogli uscite e gite apparentemente in modo disinteressato, come farebbe davvero un amico di famiglia con a cuore la crescita di un giovanissimo. Poi un giorno li invitava a fare un giro sulla sua auto sportiva, e qui si consumavano le violenze.
Nelle carte dell’inchiesta ci sta traccia anche di altri approcci e abusi proseguiti anche in Sardegna a Porto Rotondo, con le consuete modalità. I fatti ricostruiti si riferiscono a un lasso di tempo che va dall’agosto del 2018 al febbraio 2021, e rimane il dubbio che le vittime possano essere di più. L’imputato nel corso del processo, nel quale ha ammesso la propria colpevolezza, ha spiegato: “Mi prendo la responsabilità di quello che ho fatto. Nel mio percorso di vita ho combattuto una certa inclinazione che non ero capace a gestire, ora con l’aiuto del carcere e degli psicologi ci sto provando”.
Gli abusi
A denunciare l’uomo una coppia di genitori, insospettita da una bugia del colonnello che aveva riaccompagnato in ritardo il figlio. Da qui era partita l’inchiesta della procura di Roma, i cui magistrati avevano ascoltato le vittime nel corso di audizioni protette. Il colonnello amava sottoporre i ragazzini alla prova della postura: schiena dritta e muscoli contratti. E in quell’occasione allungava le mani dilungandosi in carezze inattese. Le vittime hanno riferito la tecnica dell’uomo agli investigatori nel corso di lunghe e sofferte audizioni avvenute in forma protetta. Altro metodo per compiere abusi era «l’accertamento sulla crescita»: sempre una scusa per poter toccare i giovani, secondo gli inquirenti. L’inchiesta aveva ipotizzato che le vittime fossero ben di più ma che, per timore di esporsi, non avessero sporto denuncia.
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Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa