Un trattamento estetico banale che avrebbe dovuto correggere un leggero problema di macchie sulla pelle si è trasformato in un vero e proprio incubo durato, tra alti e bassi, cinque anni. Abbiamo raccolto la testimonianza di Cristina Guidetti, ex modella modenese, che nel 2012 si è sottoposta a un intervento di chirurgia che le ha provocato ustioni di terzo grado su tutto il volto.

Recentemente Linda Evangelista, volto iconico delle passerelle degli anni Novanta, ha raccontato alla rivista People del suo dolore, fisico ed emotivo, e della vergogna diventata presenza fissa delle sue giornate dopo essersi sottoposta a un intervento di coolsculpting (una procedura per la rimozione del tessuto adiposo) che l’ha lasciata “brutalmente sfigurata”.

“Quando ho visto che anche Linda Evangelista si è messa in una circostanza simile alla mia per me è stato un colpo veramente forte”. A parlare è Cristina Guidetti, ex modella che si è sottoposta a sua volta a un intervento di chirurgia estetica che le ha cambiato per sempre la vita.

“Mi vergognavo perché ero stata io che avevo scelto di fare questa cosa”

“Era il 2012 e avevo 39 anni, era un periodo difficile. Avevo delle discromie (macchie della pelle) che si erano presentate già durante la gravidanza e che secondo me erano peggiorate. Erano insopportabili, sia per un discorso di sicurezza personale che a livello lavorativo visto che, facendo la modella, dovevo esporre il viso”, spiega Cristina. “Ho deciso di fidarmi di un medico che conoscevo per cercare di togliere queste macchie. Purtroppo il trattamento laser mi ha causato ustioni di terzo grado su tutto il volto, che mi hanno portato all’annullamento sia dal punto di vista lavorativo che psicologico”, racconta.

Subito dopo l’intervento Cristina non si rende conto che c’è qualcosa che non va, ma anzi è convinta di essersi finalmente liberata di quelle discromie: “All’inizio non sentivo niente, non sentivo dolore. Il problema è che quello viene dopo, quando la pelle comincia a ricrearsi, il dolore diventa insopportabile. Il primo anno e mezzo è stato un disastro: ho vissuto tra antistaminici, cortisone e antidolorifici” ricorda.

Il calvario di Cristina dura circa cinque anni, durante i quali la donna si sottopone a numerosi interventi per poter recuperare la mobilità facciale: “Ho fatto più di 42 interventi, perché l’ustione ti porta a perdere completamente la mimica facciale e i muscoli del volto si erano come atrofizzati, non riuscivo nemmeno ad aprire bene la bocca” spiega ancora.

La prima sensazione che travolge Cristina subito dopo l’intervento è il forte senso di colpa, accompagnato dal vuoto e dalla disperazione per essersi messa in una situazione tanto più grande di lei: “Mi sono sentita subito in colpa verso me stessa, perché l’avevo fatto per una motivazione banale e ho fatto molta fatica a perdonarmi per essermi messa in una circostanza del genere. Per non parlare poi del senso di colpa verso mia figlia e verso i miei cari, perché avevo trascinato tutti in un incubo. Avevo perso la mia identità, il mio essere, per delle discromie, per un trattamento banale”.

“Mi dicevano che me l’ero cercata perché avevo peccato di vanità”

La donna ricorda ancora ogni singolo giorno trascorso in attesa di riappropriarsi della sua immagine, gli alti e i bassi, la speranza e la disperazione: “Ci sono stati dei momenti in questo percorso, che è stato molto lungo, dove ho toccato il fondo. Volevo farla finita. Io varcavo le passerelle, facevo i servizi, quando camminavo la gente si voltava e mi guardava ammirata. Invece per cinque anni sono stata sfigurata, le persone mi scrutavano, mi deridevano, non riuscivano a starmi di fronte e io ovviamente me ne accorgevo. Mi vergognavo perché ero sfigurata e perché ero stata io che avevo scelto di fare questa cosa. Molte persone mi hanno detto’ te la sei cercata, ti sta bene, eri già bella, hai peccato di vanità’ ”.

Come spiega anche all’interno del suo libro, “Cicatrici nell’anima”, l’esito di quel trattamento ha radicalmente trasformato il modo di vedere il mondo e di approcciarsi alla vita di Cristina: “Prima ero legata alla bellezza esteriore, all’idea di perfezione. Quando hai la bellezza riesci a ottenere le cose in maniera molto più semplice, ti senti potente, superiore. Purtroppo però c’è anche un prezzo molto grosso da pagare: il mantenimento di questo potere. Per questo, quando compaiono le prime piccole imperfezioni, non le riesci ad accettare e continui a voler essere perfetta a tutti i costi”, spiega.

“Le mie discromie erano banali, ma io allora le consideravo un po’ come la criptonite per superman. Adesso, col senno di poi, mi rendo conto che non avevo niente in faccia, però all’epoca per me erano enormi e questa alterazione nella percezione di quel mio difetto mi ha portata a scegliere la strada della chirurgia estetica. La verità è che bisogna lavorare un po’ più su noi stessi e sulla nostra interiorità, come avrei potuto fare io”.

L’ex modella comunque non demonizza il ricorso agli interventi estetici perché, come non manca di ricordare, se è riuscita a riappropriarsi almeno in parte del suo viso, il merito è proprio della chirurgia: “La chirurgia estetica mi ha anche ridato la vita, nel senso che mi ha fatto ritornare quella che ero. Quindi io sono grata, per fortuna esiste la chirurgia estetica”, conclude.

La ricerca ossessiva di bellezza e perfezione

“La bellezza è associata al successo, quindi alla realizzazione sia della vita sociale che delle relazioni affettive. In altri casi si ricorre a questi trattamenti di chirurgia perché magari si fa fatica ad accettare i segni del tempo, oppure perché si insegue un ideale o ancora perché ci si vuole avvicinare all’ideale del proprio partner” spiega la dottoressa Nadia Pagliuca, psicologa cognitivo-comportamentale.

“Noi sappiamo bene che da un pento di vista razionale la perfezione non esiste, perché comunque la percezione è molto soggettiva: per un individuo può essere perfetto un certo canone che per un’altra persona magari non lo è. Può capitare che per star dietro agli standard di perfezione che propone la società si vada a innescare un continuo correre dietro a vari trattamenti. Ad esempio, oggi faccio un certo ritocco, poi la società tra qualche anno propone un altro modello e quindi per uniformarmi mi toccherà modificare anche quello che avevo già precedentemente ritoccato e così via”.

L’influenza esercitata da social network

Il disagio provocato dalla mancata adesione ai canoni proposti dalla società, secondo la psicologa, può dipendere anche dal ruolo esercitato dai social e dai personaggi pubblici: “Oggi ci sono i social network che ci mostrano queste persone di successo, sempre perfette, che appaiono senza difetti fisici. Gli stessi filtri che troviamo sulle varie piattaforme vanno proprio a richiamare quei modelli che sono ritenuti perfetti dalla società e quindi, di conseguenza, vanno a rinforzare su quelle personalità più fragili e insicure l’idea di dover ricorrere a dei ritocchi e di dover rincorrere il canone e la perfezione” spiega.

Dismorfofobia o disturbo da dismorfismo corporeo

In alcuni casi però, quella che può sembrare soltanto una semplice insofferenza nei confronti di un qualche aspetto del proprio corpo può rivelarsi in realtà un sintomo della cosiddetta dismorfofobia: “Come dice la parola stessa è una fobia, una paura del deforme. Si tratta di quella paura ossessiva che ci fa temere che una parte del nostro corpo possa essere deforme o comunque che il corpo abbia un difetto, che viene visto e percepito solo dalla persona che soffre di questo disturbo” prosegue la psicologa.

“La caratteristica principale della dismorfofobia infatti è proprio una preoccupazione per un difetto corporeo. Queste preoccupazioni sono molto dolorose e anche faticose da controllare, quindi si innesca una specie di compulsione nella ricerca costante della propria immagine allo specchio che porta a vedersi con quei difetti che non vanno bene e che bisogna migliorare”.

“Sicuramente è sempre importante valutare, sia in caso di un intervento chirurgico più importante o più delicato, le condizioni psicologiche della persona, perché la chirurgia estetica può generare delle reazioni emotive molto forti, soprattutto nei casi di modifiche più importanti, quando la persona si trova a dover elaborare di nuovo la propria immagine e a prendere consapevolezza del nuovo sé. In questi casi è fondamentale rivolgersi a un professionista che possa aiutare a comprendere le motivazioni alla base di questo bisogno” conclude.

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