Dall’inizio della guerra sono arrivati in Italia 35mila minorenni ucraini. Di questi, tremila sono da soli, cioè senza parenti o altri adulti di riferimento. Tra sistema d’accoglienza, inclusione scolastica e nomina dei tutori, vediamo cosa sta funzionando e cosa no.

La guerra in Ucraina sta portando in Italia sempre più profughi minorenni. Gli ultimi dati parlano di 35mila minori censiti e arrivati negli ultimi due mesi. Di questi però circa tremila sono arrivati da soli, cioè senza adulti che possano risponderne legalmente, sollevando di nuovo la questione delicatissima dei minori stranieri non accompagnati.

Si tratta di persone particolarmente fragili, provenienti da territori extra-Ue e che dopo esser scappate da emergenze umanitarie si ritrovano da sole e giovanissime in un Paese di cui spesso non conoscono neanche la lingua. Per questo gli sforzi per l’accoglienza da parte dello Stato dovrebbero essere straordinari.

Un nuovo scenario

In Italia il fenomeno dei minorenni senza accompagnatore non è nuovo. Secondo i dati ufficiali, alla fine del 2021 nel nostro Paese ce n’erano poco più 12mila, quasi esclusivamente maschi e per lo più di età compresa tra i 15 e i 17 anni, provenienti per la maggioranza da Pakistan, Egitto, Tunisia e Albania.

Negli ultimi mesi però la situazione è cambiata drasticamente. La conta è schizzata a 15mila ed è destinata ad aumentare ulteriormente col proseguire della guerra in Ucraina. Anche la composizione delle persone in arrivo è diversa: il rapporto tra maschi e femmine è più omogeneo e l’età è quasi sempre inferiore ai 14 anni.

Inoltre, anche chi arriva da solo spesso lo fa per ricongiungersi a qualche punto di riferimento (ad esempio lontani parenti residenti in Italia) o si sposta insieme ad altre persone. Già prima della guerra infatti l’Ucraina era tra i Paesi col maggior numero di istituti per minorenni. Molti di questi minori ora stanno fuggendo in gruppo, spesso accompagnati anche dal personale della struttura in cui risiedevano.  

L’inserimento scolastico

“I profughi minorenni ucraini sono molto diversi da quelli a cui siamo tradizionalmente abituati in Italia”, spiega ad upday Raffaela Milano di Save the Children. “Sono più giovani, hanno esigenze diverse e soprattutto non hanno in programma di rimanere in Italia. La loro è una fuga temporanea, perché vorrebbero tornare quanto prima a casa propria”. A dimostrazione di questo, va evidenziato che molti minorenni ucraini stanno continuando a frequentare le scuole del proprio Paese grazie alla didattica a distanza, per evitare di perdere anni scolastici al loro rientro.

Per Raffaella Milano, comunque, la sfida principale per l’Italia resta quella di includere queste persone all’interno del sistema scolastico. “In Italia la scuola è un avamposto di inclusione. In questo caso si tratta di offrire un’istruzione a persone sfuggite a un’emergenza umanitaria”. Però ci sono mille difficoltà.

Una delle principali è l’iscrizione alla scuola, che specie per i minori non accompagnati è difficoltosa anche da un punto di vista burocratico. L’assenza iniziale di tutori rende infatti molto complicato lo svolgimento delle pratiche necessarie. C’è poi l’aspetto linguistico, che spesso rappresenta una barriera dal momento che i minori generalmente non parlano italiano né inglese. Inoltre c’è un serio problema di sostegno economico, che nel caso dei minori stranieri non accompagnati dovrebbe essere in capo ai singoli comuni grazie a un apposito fondo nazionale. Le risorse però hanno spesso bisogno di tempi tecnici significativi. Problematiche economiche caratterizzano anche la situazione dei profughi ucraini maggiorenni o minorenni accompagnati.

Nonostante le difficoltà, secondo il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi la scuola italiana ha già inserito 9mila dei 35mila minori ucraini giunti in Italia. “Sono numeri interessanti, ma a oggi l’assistenza spesso è improvvisata. Ci sono scuole e Regioni più attrezzate di altre, ma a livello di sistema mancano competenze specifiche per superare le barriere culturali e linguistiche”, spiega Milano. “Nei prossimi mesi servirà investire su mediatori culturali e facilitatori linguistici per arrivare pronti a settembre”.

Le polemiche sul tutore

La legge italiana in materia di minori non accompagnati prevede che il Tribunale dei minori nomini un tutore per ciascun minore censito. I tutori sono persone formate che, in modo volontario, guidano la crescita del minore e ne garantiscono l’inserimento nel contesto culturale e sociale italiano.

Nel caso dei minori non accompagnati ucraini la nomina dei tutori ha sollevato qualche polemica. Alcuni gruppi di attivisti ed esperti hanno infatti visto nella nomina di questa figura un’ingerenza da parte dello Stato, dal momento che molti di loro di fatto hanno figure di riferimento in Italia o si sono spostati insieme al personale degli istituti ucraini per minori.

Raffaela Milano ha concluso spiegando che “una delle soluzioni più equilibrate trovate fino ad ora è quella dei co-tutori, cioè figure esperte del contesto italiano che aiutano il tutore vero e proprio, che invece viene individuato in qualcuno che già conosce il minore e la sua storia. Ma comunque la gestione di queste persone dipenderà fortemente dall’andamento della guerra: occorrerà capire tra quanto tempo i minori potranno tornare in Ucraina”.  

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