Fino all’ultima goccia: in Italia l’acqua potrebbe presto non bastare più per tutti i consumi. Dal Tevere nel Lazio all’Adige in Veneto fino al lago Maggiore in Lombardia, l’acqua dolce nei bacini naturali d’Italia si sta esaurendo. A lanciare l’allarme sullo stato delle risorse idriche disponibili nel Paese è l’Osservatorio Anbi, Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue. In realtà le precipitazioni oggi sono le stesse di vent’anni fa, ma se ne riesce a raccogliere solo una minima parte. Un paradosso che ha molto a che fare con il cambiamento climatico. Ne abbiamo discusso con Francesca Mazzarella, direttrice generale di Utilitatis, fondazione che studia lo stato e la gestione dei Servizi Pubblici locali.
Cosa sta succedendo in Italia
Quella del 2022 è stata una primavera anomala sul fronte delle precipitazioni, con piogge inferiori rispetto alla media, soprattutto in alcune zone d’Italia, ed effetti più o meno preoccupanti. La situazione più allarmante riguarda il Centro Italia: come evidenziato da Anbi sulle colonne del Corriere della Sera, mentre al Nord la perdurante condizione di criticità ha reso possibile pensare a delle misure di contrasto, nelle Regioni del Centro Italia il repentino precipitare della situazione potrebbe obbligare a interventi d’emergenza.
Nel Lazio ad esempio ci sono difficoltà fin da ora nel razionamento dell’acqua potabile. Preoccupano anche i dati relativi all’Abruzzo, dove sono stati toccati livelli di deficit superiori al 90%. Al Sud, invece, il rischio siccità riguarda diverse aree. Per citare un esempio: in Basilicata e in Puglia i volumi di acqua nei fiumi si sono ridotti in modo preoccupante, rispettivamente di oltre 7 milioni e di quasi 8 milioni di metri cubi.
Il legame tra siccità e cambiamento climatico
“Oggi cade la stessa quantità di acqua di vent’anni fa, 300-305 miliardi di metri cubi all’anno. Ma ne raccogliamo solo l’11%. Quando la pioggia trova asfalto e cemento acquista velocità, i consorzi di bonifica la devono allontanare immediatamente”. Secondo quanto spiegato in un’intervista al Quotidiano Nazionale dal direttore di Anbi, Massimo Gargano, all’origine dell’emergenza in atto non ci sarebbe la diversa quantità di precipitazioni, ma l’incapacità delle infrastrutture di raccoglierla in modo funzionale. Un problema che si deve anche al mancato adeguamento degli impianti e ai cambiamenti climatici degli ultimi decenni.
“La gestione ottimale della risorsa idrica è un obiettivo imprescindibile anche alla luce dell’impatto che i cambiamenti climatici in atto stanno avendo sull’ambiente”, spiega ad upday Francesca Mazzarella, coordinatrice del Blue Book, la monografia di Utilitatis dedicata alle risorse idriche. Uno degli effetti dei mutamenti climatici è infatti “l’alterazione della distribuzione delle precipitazioni, soprattutto in alcune aree del Pianeta: tra le più interessate da questi fenomeni ci sono per l’appunto il Mediterraneo e quindi l’Italia”, prosegue l’esperta.
“L’alterazione delle piogge, divenute in questi anni meno frequenti ma allo stesso tempo più intense e concentrate, stanno determinando conseguenze rilevanti sul ciclo idrico, sulla distribuzione delle risorse e quindi sull’approvvigionamento dei consumi”, specifica Mazzarella.
Quanta acqua consumano gli italiani
In realtà, nonostante l’emergenza in corso, sul fronte delle risorse idriche l’Italia è considerata un Paese a stress idrico medio, pari ad altri Paesi europei, come Francia e Germania. “Lo stress idrico – spiega Mazzarella – è definito sulla base del ‘Water exploitation index (WEI)’, un indice internazionale che mette in rapporto la domanda media annua di acqua dolce con la disponibilità media annua di risorse disponibili su un orizzonte a lungo termine”.
Ma c’è un dato per cui l’Italia si allontana dalla media europea ed è quello relativo ai consumi di acqua per abitante. “Secondo i dati Istat, nei capoluoghi di provincia gli italiani si consumano in media 236 litri di acqua pro/capite, a fronte di una media europea pari a 215 litri per persona (dati riferiti al 2020), una differenza – specifica Mazzarella – che merita attenzione”.
Eppure, gli ultimi dati relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza sembrano riflettere una maggiore consapevolezza sul tema da parte della classe politica. Secondo Mazzarella, la conferma sarebbe nei numeri: “Alla gestione e tutela della risorsa idrica il Pnrr ha destinato 4,4 miliardi di euro, una cifra interessante se confrontata con quanto predisposto da altri Paesi”. Finanziamenti che, stando alle dichiarazioni ufficiali, dovrebbero infatti garantire la sicurezza, l’approvvigionamento e la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo.