La Direzione centrale per i servizi antidroga ha pubblicato una relazione che mostra come la cocaina viene importata in Europa. Ecco cosa emerge e quali sono i metodi più usati dalla criminalità organizzata
Nel doppiofondo di un trolley, in un flacone di profumo, nella gomma di un’auto, nell’incavo di un souvenir, persino direttamente nello stomaco. I ‘trucchi’ usati da corrieri e ovulatori per trasportare droga sono tanti e sempre nuovi ma i fiumi di cocaina che ogni anno invadono l’Europa viaggiano soprattutto per mare: il 90% dei sequestri avviene nei porti. E a bordo dei container. L’ultima relazione della Direzione centrale per i servizi antidroga dedica al tema un focus.
La catena del freddo
Dall’esame dei dati, emerge che le organizzazioni criminali puntano sui container refrigerati. Vani e intercapedini – sede dell’impianto di raffreddamento – possono essere sfruttati riempiendoli di panetti di stupefacente. Non solo: alcuni di questi spazi sono accessibili anche dall’esterno e quindi diventa meno complicata anche l’operazione di esfiltrazione. C’è però un limite: si tratta di vani in genere di ridotte dimensioni, per cui la quantità di droga trasportata è minore. In gergo, questo tipo di contaminazione delle strutture (nota come rip-off o anche ‘gancho ciego’) rappresenta una grave minaccia perché quasi sempre si consuma nella totale inconsapevolezza di spedizioniere e destinatario.
La contaminazione del carico
La contaminazione del carico – principalmente banane e pesce congelato ma anche di caffè, cacao, frutta, legname, materiali da costruzione, rottami ferrosi, pelli semilavorate – è di gran lunga la tecnica preferita dai narcos. Occorre considerare che, generalmente, molti di questi prodotti sono inscatolati e impilati su bancali.
La miscelazione delle merci
Sicuramente più insidiosi, ma meno frequenti, sono i casi di contaminazione effettuati attraverso la miscelazione con i prodotti leciti. Così può essere occultato e, quindi, trafficato un quantitativo maggiore di sostanze. Le merci più gettonate sono il concime e i materiali da costruzione che, per la loro intrinseca natura, tessitura, struttura e porosità, si prestano a tale processo chimico. Un altro metodo rilevato è la dissoluzione della cocaina in liquidi o la miscelazione con prodotti simili a polvere, come la farina.
I dispositivi parassiti
In questo caso il container non c’entra. Il dispositivo ‘parassita’ contenente la droga viene agganciato allo scafo oppure può essere trainato o tirato dalla nave attraverso un cavo d’acciaio. Si tratta di cilindri, di scatole, di magneti, di tubi attaccati alla chiglia o ad altri elementi (la pala del timone e le casse, ad esempio): servono dei sommozzatori per piazzarli e, una volta a destinazione, recuperarli. Ma, soprattutto sulle lunghe rotte, il rischio di perdita del carico è concreto.
Il passaggio in dogana
Dopo l’arrivo di un container destinato all’importazione nell’Unione europea, un rappresentante dell’importatore (spesso uno spedizioniere) presenta la polizza di carico e altri documenti alla dogana, solitamente tramite una piattaforma digitale. La dogana controlla i documenti e decide il passo successivo: uno svincolo immediato nella maggior parte dei casi, un controllo approfondito della dichiarazione doganale e della polizza di carico o un controllo fisico del container, che include una scansione e, talvolta, l’apertura del container. Una volta fuori dal porto, la droga viene estratta dal container che in alcuni casi viene semplicemente abbandonato lungo la strada o fatto sparire.
Fonte Agi