I dati emergono dall’ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio. La Cgil sottolinea che la diminuzione della popolazione è “un fenomeno ormai consolidato con evidenti ricadute anche sul mercato del lavoro”. Ecco una panoramica.
Nel 2043 la popolazione in età da lavoro (15-64 anni) sarà inferiore di 6,9 milioni di persone. Per contrastare almeno parzialmente questo fenomeno l’attuale saldo migratorio dovrebbe aumentare di almeno +150mila persone all’anno. Sono alcuni dei dati che emergono dall’ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio dal titolo ‘L’Italia tra questione demografica, occupazionale e migratoria’.
Le conseguenze del crollo demografico sul lavoro
“Un calo insostenibile – avverte il presidente della FDV Fulvio Fammoni – che se non contrastato con interventi immediati prospetterebbe un futuro di declino cui non ci si può rassegnare”. La diminuzione della popolazione è un fenomeno ormai consolidato con evidenti ricadute anche sul mercato del lavoro. Le previsioni probabilistiche a vent’anni (2043) segnalano una drastica riduzione della popolazione residente di oltre -3 milioni rispetto ad oggi, come risultato di una diminuzione dei più giovani (-903 mila) e delle persone in età di lavoro (-6,9 milioni) e di un aumento degli anziani (+4,8 milioni). Tutto questo, mentre il meccanismo che alimenta la crescita della popolazione si è arrestato: il saldo naturale è negativo, mentre il saldo migratorio è positivo, ma del tutto insufficiente a compensare quello naturale. Un apporto aggiuntivo al saldo migratorio di +150 mila persone all’anno consentirebbe in vent’anni di mitigare la diminuzione della popolazione totale e ridurrebbe il calo previsto della popolazione attiva. “Non esiste un’unica leva – sottolinea Fammoni – ma più fattori non contrapponibili fra di loro su cui intervenire. La ricerca infatti propone dati e idee di possibili interventi per ridurre in modo accettabile il calo della popolazione in eta’ da lavoro, estendendo a tutti diritti e opportunità e garantendo al Paese la possibilità di sviluppo economico e sociale”.
Per la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti “è necessario uscire dalla logica della propaganda e avviare una serie di misure e investimenti volti alla ripresa della natalità, al sostegno dell’occupazione femminile e all’ingresso legale dei migranti nel nostro Paese, politiche che non devono assolutamente essere contrapposte”. Secondo Scacchetti “occorre da un lato, quello del mercato del lavoro, contrastare il lavoro precario, poco tutelato, scarsamente retribuito, prevedere investimenti finalizzati a piani straordinari per l’occupazione e al sostegno e rilancio del welfare. Dall’altro lato, quello dell’immigrazione, va assunto il fenomeno con l’obiettivo di governarlo e considerarlo un’opportunità, superando quindi la logica emergenziale, punitiva e respingente dei decreti degli ultimi mesi, e introducendo un permesso per la ricerca di lavoro della durata di un anno per favorire l’ingresso legale”.
Fonte Agi