L’associazione Antigone ha diffuso i numeri sulle persone che si sono tolte la vita in carcere nel 2022. In dodici mesi in Italia si sono tolti la vita 84 detenuti. Uno ogni 5 giorni.

In dodici mesi in Italia si sono tolti la vita 84 detenuti. Uno ogni 5 giorni. A denunciarlo è Antigone, che ricorda come negli istituti di pena italiani “quest’anno, ci si è tolti la vita circa 20 volte in più di quanto non avviene nel mondo libero. Un detenuto ogni 670 si è ucciso. Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72. Ma all’epoca i detenuti presenti erano oltre 61 mila, cinquemila in più di oggi”.     

Sovraffollamento nelle carceri

Il sovraffollamento, dopo la deflazione delle presenze a seguito della pandemia, sta tornando a livelli preoccupanti secondo Antigone. I detenuti sono quasi 57mila ma i posti sono 51 mila, anche se di quelli conteggiati circa 4mila sono indisponibili. Ad oggi, dunque, nelle carceri italiane ci sono circa 9mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare.   

Mancanza di spazi vitali

L’osservatorio di Antigone nel 2022 ha visitato 99 istituti: nel 39% sono state trovate celle dove il parametro minimo dei tre metri quadri di superficie calpestabile a testa non era rispettato. “Entrare anche solo pochi minuti in una cella dove non c’è neanche questo spazio minimo è un’esperienza claustrofobica”, sottolinea il presidente di Antigone Patrizio Gonnella e prosegue:”Specie laddove le celle vengono condivise da 5-6 persone. Viverci quotidianamente rende la detenzione ulteriormente gravosa”.  

Che cosa bisognerebbe fare  

Per il presidente di Antigone, il carcere ha “necessità di interventi di riforma profondi. Occorre innanzitutto incrementare le misure alternative alla detenzione. Ci sono migliaia di persone che potrebbero scontare la loro pena fuori dagli istituti di pena e persone che, per il reato commesso e la loro condizione personale (tossicodipendenza, disturbi psichiatrici), andrebbero presi in carico dalle strutture del territorio, evitando di trasformare le carceri in un luogo dove si rinchiudono le persone che non si è in grado di gestire fuori. Questo aiuterebbe anche il lavoro del personale, che andrebbe incrementato in tutte le funzioni e gratificato dal punto di vista sociale ed economico per il lavoro complesso e difficile che si trova a svolgere. Andrebbe poi modernizzata la vita interna, garantendo maggiori collegamenti, anche elettronici, con il mondo esterno. Quello all’affettività è un diritto che deve diventare centrale nel sistema penitenziario italiano fermo, da questo punto di vista, a disposizioni di oltre 40 anni fa”.

Fonte Agi

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