“Vattene via perché chiamo il maresciallo”. Sono le ultime parole pronunciate da Vanessa Zappalà nei confronti del suo ex fidanzato, prima che quest’ultimo la afferrasse per i capelli e la uccidesse a colpi di pistola.
Il rapporto con il carabiniere aveva consentito alla ragazza di sentirsi più sicura, l’aveva fatta tornare ad uscire. Perché se lei chiamava, lui le rispondeva a tutte le ore del giorno. Una linea diretta, lui le dava consigli per uscire e allo stesso tempo proteggersi da Antonino Sciuto.
Consigli a cui Vanessa si era attenuta anche la notte in cui è stata uccisa: “Non uscire da sola e non frequentare posti isolati”, le ripeteva il maresciallo. Non è bastato, lui l’ha presa per i capelli davanti agli amici mentre Vanessa passeggiava sul lungomare.
Marcì, 48 anni, ha raccolto la denuncia di Vanessa e si è subito reso conto della gravità della situazione. Ha guardato i video con cui lei filmava gli appostamenti dell’ex, il bloc notes in cui la 26enne annotava luoghi e orari in cui avvenivano.
Proprio lui, chiamato da Vanessa, lo aveva arrestato a giugno. Lei lo aveva visto sgommare sotto casa in macchina, e il maresciallo, nei 5 minuti di tragitto che lo separavano dal luogo, è restato in linea con la ragazza per essere sicuro che non stesse accadendo nulla di grave. Al termine di un breve inseguimento l’arresto, vano, perché dopo 3 giorni il gip gli impose il divieto di avvicinamento.
“Grazie a lui aveva ricominciato a uscire”, raccontano le amiche di Vanessa. “Un sant’uomo”, così lo descrive il papà della vittima.
Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa