Il tutto è cominciato la stessa mattina nella parrocchia Resurrezione del quartiere Japigia, in via Caldarola, dove si sono tenuti i funerali di Christian Di Gioia, il 27enne morto la sera tra 21 e 22 giugno in seguito a un incidente con la moto. All’esterno della chiesa, gremita di gente (il 27enne viveva con una compagna e il figlio piccolo ed era molto conosciuto nel quartiere) uno striscione con il messaggio «Non ci sono addii per noi, ovunque tu sia sarai sempre con noi».
Secondo le ricostruzioni, Di Gioia non si sarebbe fermato a un alt dei carabinieri e avrebbe tirato dritto, per poi perdere fatalmente il controllo della moto alla fine del ponte San Pio, poco prima della rotatoria che fa da raccordo tra via Caldarola e via Magna Grecia. Proprio i militari, vedendo il mezzo e il ragazzo a terra, avrebbero immediatamente chiamato i soccorsi, il cui intervento è stato però vano.
La polizia locale che conduce le indagini ha escluso, al momento, il coinvolgimento di altri mezzi nell’incidente: l’ipotesi degli inquirenti è che quindi il ragazzo sia caduto da solo. Sul caso indaga la pm Desirèe Digeronimo della procura di Bari.
L’ipotesi dello speronamento con l’auto dei carabinieri
Un’ipotesi alla quale però non credono amici e familiari della vittima, convinti che la moto sia stata speronata da un’auto dei carabinieri. Nei giorni scorsi, infatti, i social si sono riempiti di messaggi minatori durissimi: «Vorrei vedere un’intera caserma in fiamme, voi siete la vera mafia, non noi. Che Dio ve la faccia pagare», si legge in uno di questi. «Sono riusciti a toglierti da me, adesso devo avere giustizia», ha scritto una parente. «Non la passerai liscia, la pagherai», si legge in un altro messaggio indirizzato al presunto responsabile dell’incidente. Chi conosceva il ragazzo è assolutamente convinto del coinvolgimento delle forze dell’ordine e lancia accuse più o meno dirette a un militare.
Ad interessare gli inquirenti, quindi, non c’è solamente l’esatta ricostruzione del fatto, ma anche i messaggi di minacce nei confronti delle forze dell’ordine arrivati in poche ore. E sicuramente con particolare attenzione verranno visionate le immagini del corteo che, partito dal rione Japigia, ha scortato il feretro di Di Gioia per i quartieri San Pasquale, Carrassi (dove si trova il carcere) e Libertà, fino ad arrivare al cimitero. Nel punto in cui è morto, ora, ci sono fiori e messaggi.
Il governo chiede l’intervento dell’Esercito
“Bari è una città insicura. Non si può circolare senza avere il timore che possa accadere qualche episodio, anche casuale, di criminalità. L’ho detto più volte anche al sindaco, e penso che non si possa liquidare la questione dicendo che c’è un ‘simbolismo criminale’ “. Lo ha dichiarato il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto riferendosi in particolare al corteo contromano davanti al carcere di scooter e moto dopo i funerali del motociclista 27enne Christian Di Gioia, morto la notte tra il 21 e il 22 giugno in un incidente stradale, e alle minacce ai carabinieri.
“Ritengo – ha riferito Sisto – che a Bari servono le maniere forti, anche pensando ad un ‘operazione Strade sicure. Ho già avuto modo di affrontare il tema con i ministri Crosetto e Piantendosi, perchè Bari credo abbia bisogno di un intervento dell’ Esercito. Il gioco dello scansare le responsabilità è finito”.
Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha proposto, quindi, l’intervento dell’Esercito come soluzione per la situazione di tensione a Bari. Questo tipo di richiesta, che emerge periodicamente in situazioni di criticità, sembra riproporre un ritornello sulla sicurezza che non tiene conto delle competenze e del ruolo specifico delle forze dell’ordine.
Le minacce rivolte a un carabiniere e il corteo contromano davanti al carcere sono episodi che richiedono una risposta adeguata da parte delle istituzioni, ma l’impiego dell’Esercito non sembra essere la soluzione più idonea. Sarebbe opportuno concentrare gli sforzi sulla collaborazione tra le forze dell’ordine e sul potenziamento delle risorse e delle strategie operative dei Carabinieri, anziché cercare soluzioni alternative che potrebbero compromettere l’equilibrio istituzionale.
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Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa