Arriva un tesoretto da destinare al welfare e indirizzato, in particolare, ai comuni svantaggiati dai vecchi metodi di calcolo. Per il 2021 sono stati stanziati circa 216 milioni di euro, di cui il 46% andrà agli enti del Sud. E’ quanto emerge dal dossier del Centro studi enti locali, elaborato per l’Adnkronos, che ha utilizzato i dati dell’ultimo rapporto sul welfare locale diffuso dall’Istat (redatto nel 2021 ma basato su dati 2018). La ”fetta più consistente delle risorse andrà agli enti svantaggiati, in particolare quelli del mezzogiorno ”a lungo penalizzati da criterio della spesa storica”.

Il governo ha deciso di scendere in campo da una parte stanziando nuove risorse e dall’altra con la modifica dei criteri attraverso i quali vengono assegnate le risorse, passando dalla spesa storica ai fabbisogni standard. Ma che cosa sono i fabbisogni standard? In passato l’ammontare delle risorse che venivano trasferite dallo stato alle amministrazioni locali, spiega il Csel, era determinato sulla base della cosiddetta spesa storica. ”Quel meccanismo faceva sì che i territori storicamente più prosperi continuassero ad accaparrarsi le risorse più ingenti, penalizzando così le aree con un passato meno florido alle spalle”.

Con la legge del 2009, ricorda il Csel, si è tentato di ”sovvertire il paradigma, introducendo il meccanismo dei fabbisogni standard; indicatori che stimano le risorse di cui un ente locale ha bisogno per erogare servizi fondamentali come il trasporto pubblico locale, la gestione dei rifiuti, la polizia locale, l’istruzione e i servizi sociali”.

Questi indicatori vengono calcolati tenendo conto delle caratteristiche territoriali delle amministrazioni e di una serie di aspetti demografici e socio-economici (numero di abitanti, densità di popolazione, quantità dei servizi offerti, costo del lavoro ecc) e sono stati istituiti ”con il dichiarato intento di redistribuire, attraverso la quota perequativa del fondo di solidarietà comunale, le risorse in modo più equo tra i vari comuni italiani”. Come emerge dai numeri ”l’istituzione di questo meccanismo non è stata sufficiente per raggiungere lo scopo”, sottolinea il Centro studi. A più di 10 anni di distanza dal debutto dei fabbisogni standard, infatti, ”persistono differenze abissali tra l’ammontare di risorse destinate al sociale in un posto rispetto a un altro della Penisola”.

Con le ultime novità normative disciplinate dal recente Dpcm il Governo ha quantificato in 651 milioni di euro all’anno le risorse aggiuntive del ‘Fondo di solidarietà comunale’, da destinare allo sviluppo dei servizi sociali nei comuni delle regioni a statuto ordinario che presentano le maggiori carenze. Questi saranno però finanziati in modo graduale dal 2021 al 2030. Alle risorse aggiuntive, si legge nel dossier, ”spetta anche il compito di compensare le minori risorse che, alla luce dei nuovi criteri, sono state destinate agli enti penalizzati dalla variazione di metodologia”.

Come emerge da una elaborazione di Centro studi enti locali basata su dati del ministero dell’Economia e Istat, le novità introdotte nel meccanismo di calcolo dei fabbisogni standard hanno portato allo spostamento di 41,5 milioni dal Centro-Nord al Sud Italia. A pagare pegno sono soprattutto le amministrazioni del Centro che contribuiscono per 24,7 milioni, contro i 16,8 del Nord. Guardando alle singole regioni, il segno meno riguarda Liguria (-335,360), Veneto (-5.044.658,81), Lazio (-12.027.069,25), Lombardia (-21.888.418,18), Marche (-4.325.721,57) ed Emilia-Romagna (-14.360.804,08). Posto che i risultati negativi, come anticipato, sono stati però sterilizzati attraverso risorse extra, il combinato disposto delle recenti novità normative ha fatto sì che globalmente il saldo sia positivo per poco meno di 176 milioni di euro.





Agenzia Stampa AdnKronos