In Italia nel 2021 le nascite sono scese al minimo storico, tuttavia verso la fine dell’anno la natalità ha iniziato ad aumentare. Nel suo report sugli indicatori demografici, l’Istat analizza i fattori che contribuiscono a tale crescita. Nonostante il numero di matrimoni e nascite sia in incremento rispetto al periodo pandemico, quello della popolazione diminuisce da otto anni e l’aspettativa media di vita varia molto a seconda della posizione geografica.

Nascite al minimo storico a causa della Covid, ma segnali di ripresa della natalità

Sono 399.400 i bambini nati nel corso dell’anno, un numero lievemente inferiore (-1,3%) rispetto al 2020. Il crollo delle nascite tra dicembre 2020 e febbraio 2021 lascia pochi dubbi sul ruolo svolto dall’epidemia, che ha prodotto incertezze e ha messo in crisi i piani di genitorialità che si sono protratti. Il Paese avrebbe bisogno non solo di fare molti più figli di quanti se ne facciano normalmente, ma anche di incrementare la base potenziale di chi potrebbe farli.

A che età le donne hanno il primo figlio

Nel 2021 ogni donna ha avuto 1,25 figli di media, un dato in lieve rialzo rispetto al 2020. Nel Nord e nel Centro il numero medio di figli per donna cresce, mentre è più stabile nel Mezzogiorno. La scelta di rinviare la decisione di avere figli accomuna tutte le realtà del territorio. Le neo-madri del Nord e del Centro hanno un età maggiore (32,5 e 32,8 anni) rispetto a quelle del Mezzogiorno (32 anni) e l’età media al parto ha raggiunto i 32,4 anni, un parametro che segna regolari incrementi da molto tempo (30,5 nel 2002).

Segnali di ripresa anche per i matrimoni

Tutt’oggi nel Paese almeno due terzi delle nascite hanno origine all’interno del nucleo coniugale. Per quanto riguarda i matrimoni, si registrano segnali di ripresa: nel 2021 si è quasi toccato il ritorno alla normalità con tre celebrazioni ogni mille abitanti, mentre nel 2020 erano 1,6. Questo aspetto potrebbe sottintendere un parziale recupero di nascite nel corso del 2022. In realtà, i primi segnali di ripresa in tal senso sono già avvenuti nell’ultima parte del 2021 quando, a novembre e dicembre, si sono registrate circa 69 mila nascite, il 10% in più di quanto rilevato nel medesimo periodo del 2020.

La popolazione è in riduzione costante da otto anni

La popolazione residente in Italia nel 2014 era di 60,3 milioni. Al primo gennaio 2022 è di 58 milioni e 983 mila unit: nell’arco di 8 anni la perdita è di 1 milione 363 mila persone. La crisi demografica colpisce maggiormente il Mezzogiorno e, in particolar modo, regioni come Molise, Basilicata e Calabria. Ben 34 delle complessive 38 province del Mezzogiorno presentano un tasso di variazione annuale della popolazione che è peggiore di quello nazionale.

L’aspettativa di vita

Nel 2021 la speranza di vita alla nascita è, senza distinzione di genere, 82,4 anni. Gli uomini vivono in media 80,1 anni, le donne 84,7. Rispetto al 2020, gli uomini hanno guadagnato 4 mesi di vita in più, mentre le donne tre. Nel 2021 si è registrato un eccesso di mortalità nel Mezzogiorno. Se nel 2020 la Covid aveva colpito maggiormente il Nord in termini di mortalità diretta e calo dell’aspettativa di vita, nel 2021 l’eccesso di mortalità passa al Mezzogiorno, dove la speranza di vita alla nascita totale scende a 81,3 anni. Molte province del Nord-ovest, le più colpite dalla prima ondata pandemica, nel 2021 hanno conseguito straordinari recuperi di sopravvivenza. La provincia di Bergamo, ad esempio, recupera nel 2021 43 dei 44 mesi di speranza di vita ceduti nel 2020. Situazione simili a Cremona, Piacenza e Lodi. Al contrario, molte realtà del Mezzogiorno che nel 2020 sono state minimamente o affatto toccate dalla pandemia, nel 2021 sono arretrate di molte posizioni. La provincia di Agrigento al mese di vita guadagnato nel 2020 se ne vede sottrarre 19 nel 2021, al pari di quella di Caltanissetta.

Il tasso di vaccinazione anti-Covid

Un’ulteriore chiave di lettura di questi andamenti è connessa al tasso di vaccinazione contro la Covid-19. Al 31 dicembre 2021, l’86,7% della popolazione vaccinabile ha ricevuto almeno una dose, l’83,3% anche una seconda e, infine, il 36,2% la dose addizionale booster 2. Il tasso di vaccinazione sul territorio, tuttavia, risulta diversificato soprattutto con riferimento alle seconde e terze dosi. Nel Nord il tasso di vaccinazione per seconde dosi è dell’84,2% a fronte dell’81,6% nel Mezzogiorno. Per la dose booster il Mezzogiorno si ferma al 33% mentre il Nord è al 37,9%.

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