ARTE, PAURA, SESSO: LA REALTA’ VIRTUALE STRAVOLGERA’ IL CINEMA? – VENEZIA HA DEDICATO ALLA TECNOLOGIA UNA SEZIONE DELLA MOSTRA – “E’ INCONTRO TEATRALE IMMERSIVO. HA UN POTENZIALE ESTREMO, VA OLTRE L’IMMAGINAZIONE PIU’ SFRENATA” HA DETTO MAY ABDALLA, REGISTA DI “GOLIATH” – NON E’ UN CASO CHE UNO DEI PROGETTI PIU’ AUDACI SIA “IN THE MIST”: 15 MINUTI DI UOMINI NUDI CHE SI SUCCHIANO E SI PENETRANO IN UNA SAUNA…
Dagotraduzione da France24.com
«Che differenza c’è tra cio’ che è reale e cio’ che non lo è?» intona Tilda Swinton mentra la stanza si disintegra in migliaia di pixel. Swinton è l’ultima star ad aver prestato il suo talento al mondo della realtà virtuale, che silenziosamente si è trasformato in uno strumento dal potenziale incredibile e sconcertante.
Swilton racconta “Goliath”, la storia della schizofrenia di un uomo illustrata da sorprendenti effetti visivi ed esperienze interattive che illustrano la sua presa scivolosa sulla realtà. Il film è stato presentato in anteprima nella sezione VR del Festival del Cinema.
“Container” è stata un’esperienza particolarmente interessante. Un minuto: il contenitore si sta riempendo d’acqua mentre una donna cerca disperatamente di non annegare; poi all’improvviso siamo in una sala massaggi con un uomo che cerca di costringere una donna a fare sesso; di colpo veniamo immersi in un minuscolo laboratorio dove una famiglia di lavoratori tessili lavoro senza riposo.
Lo spettatore è così completamente immerso, a pochi centimetri dai personaggi, che sembra tutto molto reale.
«La realtà virtuale è una tecnologia di incontro teatrale immersivo. Ha un potenziale estremo, va oltre l’immaginazione più sfrenata, va oltre quello che le persone possono sperimentare spazialmente e artisticamente» ha detto May Abdalla, co-creatore di “Goliath”.
«Non tutti i progetti sono adatti alla realtà virtuale. Devi trovare l’esperienza giusta», ha aggiunto Abdalla. Uno dei progetti più audaci a Venezia è stato “In the Mist”, che attraversa la sottile linea tra arte e porno. I 15 minuti di film sono pieni di uomini nudi che si succhiano e si penetrano a vicenda in una sauna. Alcuni potrebbe pensare che è troppo.
Michel Reilhac, co-curatore della realtà virtuale a Venezia, ha insistito sul fatto che dovrebbe essere vista come una danza contemporanea nuda che «trascende la sessualità» anche se ha aggiunto che l’industria del porno, per ora, è stata l’unico settore a trarre profitto dalla realtà virtuale.
I concorsi VR sono diventati una caratteristica dei festival cinematografici di tutto il mondo, dal Sundance a Cannes, ma molte persone restano inconsapevoli di quanto velocemente si stia evolvendo il mezzo.
I progetti a Venezia spaziano da film a 360 gradi in cui lo spettatore può guardarsi intorno ma non interagire con gli oggetti, a pellicole in cui incarnano un avatar e sono completamente immersi in un mondo interattivo.
«Stai ingannando il cervello limbico e non puoi smettere», ha detto la co-curatrice Liz Rosenthal. «Quando sei in piedi sul bordo di una scogliera virtuale, non puoi smettere di avere le vertigini».
Il potenziale è così vasto che i creatori stanno ancora definendo cosa può essere la realtà virtuale per sé stessi e per il pubblico. «Puoi sentire le possibilità cambiare mentre lavori con gli strumenti», ha detto Abdalla.
«Con il cinema, c’è già un rapporto sofisticato con il pubblico. Capiscono il vocabolario del cinema. Ma con la realtà virtuale, spesso è la loro prima volta. Devi connetterti con loro. È una collaborazione».
Per anni, forse decenni, la realtà virtuale è sul punto di diventare mainstream, senza mai arrivarci del tutto, frenato dalle apparecchiature costose e ingombranti. Ma l’industria si è avviata davvero solo a metà degli anni 2010 quando molte aziende, tra cui Google, Apple e Amazon, hanno iniziato a investirci denaro.
Reilhac ha detto che le cose si stanno muovendo rapidamente grazie all’ondata di interesse per la “VR sociale”, in cui le persone si incontrano per giochi e concerti digitali, una tendenza accelerata dalla pandemia.
«Diventerà onnipresente quando le cuffie diventeranno occhiali», ha detto. Il potenziale commerciale è stato sottolineato il mese scorso quando Facebook, che possiede la società di cuffie Oculus, ha presentato “Horizon Workrooms” per consentire alle persone di collaborare virtualmente.
«Dagli due o tre anni e vedremo dove siamo, ma scommetto che sarà importante», ha detto Reilhac.