“THE FALLING MAN”! IL SIMBOLO DEGLI ATTENTATI ALLE TORRI GEMELLE DEL 2001 SOFFRIVA DI ASMA, PER QUESTO SI E’ BUTTATO. NON HA ANCORA UN NOME CERTO. DUE SONO GLI INDIZIATI – UNO FACEVA IL PASTICCIERE ALL’ULTIMO PIANO, L’ALTRO… – L’ULTIMA VITTIMA IDENTIFICATA SI CHIAMAVA DOROTHY E… – TUTTE LE STORIE DELL’11/9: C’E’ ANCHE LA SUPERSTITE ITALIANA…
Ci sono voluti solo 10 secondi per precipitare e nessuno di quegli angeli era incosciente. La morte è stata istantanea. Alcuni saltarono da soli, altri in gruppo, qualcuno in coppia. Uno divenne il simbolo di tutti, «The Falling Man», «l’uomo che cade» ancora, e forse per sempre, senza nome. Ma con due indiziati. Norberto Hernandez, che lavorava all’ultimo piano come pasticciere. Il fratello Tino e sorella Milagros lo identificarono, la figlia Jacqueline no. Non aveva nessuna maglietta arancione sotto la tunica. Quella l’aveva invece Jonathan Eric Briley, ingegnere del suono, 43 anni. Per il fratello Timoteo è lui: dice che le scarpe sono inconfondibili. Per la sorella Gwendolyn saltò perché malato di asma. Indossava una maglietta arancione così spesso che Timoteo lo prendeva in giro: «Quando ti sbarazzerai di quella vecchia maglietta, eh Eric?»….
UNA STRAGE MAI FINITA: 25MILA MORTI DI TUMORE
falling man le persone che si gettano dalle torri gemelle
L’ecatombe dell’11 settembre non è finita. Continuano a morire da vent’anni, a migliaia, senza tregua e senza speranza. Quelli che abitavano nell’area del World Trade Center e quelli che sono intervenuti per i soccorsi, esposti alle polveri della nube tossica figlia dell’esplosione. Sono più di 25.000 i newyorkesi colpiti da tumori, malattie croniche e disturbi mentali da stress post-traumatico. Malati di tutte le età, iscritti al World Trade Center Health Program, il programma di monitoraggio e assistenza medica finanziato dal governo federale. Un pronto soccorso attivo ventiquattr’ore su ventiquattro per pazienti spesso cronici malati di tumore della pelle (6.403 casi), alla prostata (5.197), al seno (1.839), alla tiroide (1270), a polmoni e bronchi (1.1169). E poi ci sono i melanomi (1.505 casi), i linfomi (1.324), la leucemia (854). E quello che è peggio: non è finita qui.
L’ULTIMA IDENTIFICATA. E DOROTHY DOPO VENT’ANNI AVRÀ UNA TOMBA
Li hanno identificati vent’anni dopo, grazie una nuova tecnologia di sequenziamento del Dna di ultima generazione, all’Istituto medico-legale di New York. Sono le vittime numero 1.646 e 1.647 dell’11 settembre. Del primo la famiglia non ha voluto fosse rivelata l’identità, della seconda, Dorothy Morgan, si sa che era di Long Island, che lavorava al 94° piano per Marsh&McLennan, una compagnia assicurativa e che il figlio, Dante, che l’aveva chiamata al lavoro, fece appena in tempo a salutarla. Dorothy ora avrà una tomba ma il lavoro continua: il 40% delle vittime di Ground Zero è ancora senza nome.
MARTINA GASPEROTTI ERA NELLA TORRE NORD. LA NUOVA VITA DELLA SUPERSTITE ITALIANA
Martina Gasperotti aveva 28 anni quando, l’11 settembre 2001, stava per prendere l’ascensore e salire al 107mo piano della Torre Nord. Era a New York per studiare, primo giorno di Università, voleva festeggiare al «Windows of the World»: è dentro quando il primo aereo si schianta, fa in tempo a fuggire, ma da quel giorno la sua vita è cambiata. Da allora, dice, è diventata fatalista «e consapevole che la vita è un attimo e non dobbiamo mai dare niente per scontato». Anche quest’ anno, come tutti gli anni, l’11 settembre si chiuderà in casa». A New York è tornata due volte: «Per capire che alla fine tutto si supera».
IL RETROSCENA INEDITO. IL KILLER DI BIN LADEN: «SFIDAMMO LA MORTE»
La ritirata dall’Afghanistan non l’ha presa bena: «Vedere un disastro così è una vergogna. I talebani stanno ridendo di gusto». Robert O’ Neill, il Navy Seal che uccise Osama bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan, vive sempre con il fiato sul collo. E rivela, dopo anni, che la sua era una missione suicida: «Se Bin Laden non fosse stato là, e non c’era certezza che ci fosse, non c’era alcuna possibilità che saremmo tornati a casa vivi». Obama decise il blitz dopo aver visto una partita di basket tra i Lakers di Kobe Bryant e gli Charlotte Hornets. Teme che tutto sia stato inutile.
CINQUE SOTTO PROCESSO MA LA SENTENZA NON C’È
Sono cinque e dopo vent’anni non hanno ancora avuto una condanna. Sono i cinque detenuti accusati degli attacchi dell’11 settembre 2001. Tra cui Khalid Sheikh Mohammed, ex capo della propaganda di Al-Qaida, che ha confessato di essere la mente degli attentati. Un procedimento contestato e controverso, diviso tra le denunce dei gruppi per i diritti umani e dei legali dell’esercito Usa, che accusano la Giustizia di non essere imparziale. Sui cinque pende la condanna a morte, ma la pena è stata congelata perché il principale imputato ha promesso non solo di aiutare le famiglie delle vittime nella causa intentata contro l’Arabia Saudita ma di rivelare anche le prove della presunta complicità di Riad in cambio dell’annullamento dell’ergastolo. Per uscirne c’è da misurarsi con circa 35 mila pagine di verbali e migliaia di mozioni. Ce n’è insomma per altri vent’ anni.
SOLO PER LA BANDIERA C’È STATO UN LIETO FINE
Che fine hanno fatto i simboli delle tragedia? Quasi sempre brutta. Marcy Borders, «Lady Polvere», vittima di alcol e droga è morta di tumore nel 2015; Rudolph Giuliani, complice il sostegno a Trump, si è visto sospendere la licenza di avvocato; il capo dello staff della Casa Bianca Andrew Card che informò Bush all’orecchio dell’attacco è in pensione dopo essere stato preside della Pierce University; Stephen Cooper, ritratto mentre fugge dai grattacieli che si sbriciolano, è morto di Covid. La bandiera di Ground Zero, invece, 5 anni fa è stata consegnata al Museo dell’11/9. Per 15 anni era sparita.
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